GIURISPRUDENZA - Particolare tenuità del fatto: non si applica alla responsabilità ex Dlgs 231/2001
(01/03/2020)
(01/03/2020)
Per affermare la responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.
(11/02/2020) di Gabriele Taddia
Il Dlgs 231/2001 prevede delle rigide procedure attraverso le quali l’ente citato in giudizio ha l’onore di costituirsi se intende esercitare pienamente le proprie facoltà difensive. Gli incombenti a carico dell’ente stesso sono molti, a partire dalla valida nomina del difensore di fiducia fino a giungere alla costituzione ex articolo 39. Una serie di adempimenti sui quali, però, la Cassazione stessa sembra non trovare un indirizzo univoco, se non sul punto riguardante la invalidità degli atti processuali compiuti da un ente non correttamente rappresentato.
(31/10/2019) di Gabriele Taddia
La specificità della materia ambientale pone tre questioni sulla composizone e funzionamento dell’organismo di vigilanza nel sistema “231”: 1) l’applicazione dell’articolo 6, comma 4, del Decreto del 2001 per il quale negli “enti di piccole dimensioni” i compiti di vigilanza possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente e non da un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (OdV); 2) la composizione dell’organismo di vigilanza, considerata la possibilità di nomina di soggetti in conflitto di interessi per avere compiti di responsabilità e di controllo; 3) l’applicazione del comma 4-bis, dell’articolo 6 del Dlgs 231, aggiunto dalla legge di stabilità 2012, secondo cui “nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza”.
(30/09/2019) di Pasquale Fimiani
L’articolo 25-undecies del Dlgs 8 giugno 2001, n. 231, recante l’individuazione dei reati ambientali presupposto della responsabilità degli enti, prevede diversi reati puniti a titolo di colpa, quali tutte le contravvenzioni, nonché i delitti di inquinamento e disastro colposi. Si pone per questi reati la questione dell’imputazione all’ente del reato presupposto commesso dalla persona fisica nel suo interesse o vantaggio, trattandosi di verificare la compatibilità logica tra la non volontà dell’evento che caratterizza gli illeciti colposi ed il finalismo che è sotteso all’idea di interesse e vantaggio, da individuarsi non nell’evento lesivo per l’ambiente, ma nei risparmi di spesa o nell’aumento della produttività che la violazione delle regole cautelari ha consentito.
(29/06/2019) di Pasquale Fimiani
(29/05/2019)
Le novità introdotte dalla legge 3/2019 in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti, di cui al Dlgs 231/2001, possono essere così sintetizzate:
• ampliamento del catalogo dei reati presupposto: l’articolo 25 Dlgs 231/2001 è stato, infatti, interpolato e, oggigiorno, include tra i delitti contro la Pubblica Amministrazione idonei a generale responsabilità dell’ente anche il reato di traffico illecito di influenze di cui all’articolo 346-bis C.p.;
• inasprimento del termine di durata delle sanzioni interdittive applicabili all’ente in caso di accertamento di responsabilità derivante da taluno dei reati di cui all’articolo 25 Dlgs 231/2001: a fronte della precedente previsione per cui le sanzioni interdittive irrogabili non avrebbero potuto avere durata inferiore ad anni uno, l’attuale formulazione prevede una durata delle misure di cui all’articolo 9, comma 2, Dlgs 231/2001 compresa tra i due e i quattro anni, nel caso di illecito penale commesso da soggetti subordinati, nonché dai quattro ai sette anni, in caso di reato commesso da soggetti in posizione apicale;
• riduzione del termine di durata delle misure interdittive in caso di comportamento virtuoso dell’ente adottato prima della sentenza di primo grado;
• modifica dei termini di durata massima delle misure cautelari interdittive.
(29/05/2019) di Gabriele Taddia
(31/03/2019)
“Se è vero che in tema di responsabilità da reato degli enti, un omogeneo orientamento sostiene che la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica interrompe il corso della prescrizione dell’illecito in quanto atto di contestazione dell’illecito ove notificata entro cinque anni dalla cosumazione del reato presupposto, un altro atto tipico interruttivo della prescrizione è costituito, come già rilevato, dalla richiesta di applicazione di misura cautelare interdittiva”. Con la sentenza in commento la Cassazione si pronuncia ancora una volta sul complesso tema degli atti interruttivi della prescrizione in ambito Dlgs 231/2001. Un dibattito giuridico che continua ad essere acceso su alcuni punti fondamentali quali la necessità – ai fini dell’efficacia interruttiva – della avvenuta notifica o della mera emissione della richiesta di rinvio a giudizio o di applicazione della misura cautelare.
(31/03/2019) di Gabriele Taddia
Il reato di cui all’articolo 256 comma 2 del Dlgs 152/2006 ha natura di reato proprio del titolare dell’impresa o del responsabile dell’ente ed è caratterizzato da condotta omissiva. Tuttavia, questo non significa che autore materiale possa essere esclusivamente il titolare dell’impresa o dell’ente. Poiché la norma non si riferisce a loro quali persone fisiche, è sufficiente che l’abbandono/deposito sia posto in essere anche tramite persone fisiche diverse dal legale rappresentante perché questi ne risponda. L’assenza di direttive e/o modelli organizzativi volti a disciplinare evenienze certamente non eccezionali costituisce ulteriore argomento a sostegno della corretta attribuzione del fatto all’imputato.
(25/10/2018) di Gabriele Taddia