Commenti Responsabilità 231

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COMMENTI - 231: l’incompatibilità del difensore si estende ai casi in cui la responsabilità amministrativa da reato non sia stata ancora accertata o formalmente contestata

Negli anni, la tematica afferente alla necessaria predisposizione di adeguati, efficaci, completi ed effettivi modelli di organizzazione e gestione aziendale nonché al loro contenuto ha assunto una rilevanza sempre più predominante nell’ottica, di indubbio interesse, di giungere ad una dichiarazione di esclusione della responsabilità amministrativa dell’ente per il reato commesso, nel suo interesse o vantaggio, da un soggetto qualificato operante al suo interno.
Con la sentenza in commento nel ribadire, infatti, come, a questi fini, l’ente debba costituirsi in giudizio e farsi tecnicamente rappresentare da un procuratore speciale nominato da colui che ne abbia il potere di rappresentanza, la Corte giunge a ritenere come il vincolo di immedesimazione esistente tra il soggetto collettivo ed il proprio legale rappresentante debba dirsi interrotto tutte le volte in cui in capo a quest’ultimo risulti addebitato, sebbene in via provvisoria, un reato presupposto dal quale sia ragionevole far discendere, sulla base dell’impianto accusatorio, la contestazione dell’illecito amministrativo a carico dell’ente, anche se tale non sia stata ancora formalizzata e/o resa nota alle parti.

(31/12/2022) di Gabriele Taddia

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COMMENTI - Le sanzioni interdittive ex Dlgs 231/2001 hanno natura di sanzione principale e non accessoria

L’articolo 9, del Dlgs 231/2001 distingue le quattro categorie di sanzioni – pecuniarie, interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza – previste per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, specificando al comma 2 quelle che sono interdittive. Per pacifica giurisprudenza e anche in base alla relazione di accompagnamento allo stesso Dlgs 231/2001, tali sanzioni sono da intendersi tutte come “principali” e non accessorie, costituiscono pertanto una “pena” autonoma che non può quindi applicarsi automaticamente con la condanna ma, in caso di applicazione pena su richiesta delle parti ex articolo 44 cpp (patteggiamento) deve essere oggetto di esplicito accordo fra pubblico ministero e difesa, ed il giudice ha la sola alternativa fra la ratifica dell’accordo ed il riegetto delle stesso non potendolo modificare in senteza di sua iniziativa.

(30/06/2021) di Gabriele Taddia

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COMMENTI - Il delegante è obbligato a vigilare il delegato

La Corte di Cassazione interviene nuovamente sull’istituto della delega di funzioni in campo ambientale, questa volta soffermandosi – con una decisione non completamente condivisibile – sul requisito relativo all’obbligo di vigilanza sussistente in capo dal soggetto delegante.
Peraltro la sentenza, nelle premesse fa riferimento alla responsabilità dei consiglieri di amministrazione di una Srl, in concorso con il “consigliere delegato in via esclusiva per le materie della sicurezza ambientale e dello smaltimento di rifiuti”, per poi riferirsi per tutto il resto delle motivazioni, ai requisiti della delega di funzioni vera e propria 1, senza aver cura di ricordare che il conferimento della delega ad un consigliere e l’attribuzione di una delega di funzioni sono istituti affini ma diversi trovando la prima (conferimento di delega ad un consigliere) anche una sua regolamentazione normativa all’interno del codice civile 2, mentre l’istituto della delega di funzioni in quanto tale, in campo ambientale è regolata esclusivamente da una pur importante elaborazione giurisprudenziale che, soprattutto negli ultimi anni ha fatto diretto ed esplicito riferimento alla normativa del Dlgs 81/2008 dove l’articolo 16 elenca i requisiti di validità della delega stessa.

(31/08/2020) di Gabriele Taddia

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COMMENTI - Il “sistema 231” non riconosce la tenuità del fatto

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’articolo 131-bis cod. pen. non è applicabile alla responsabilità amministrativa degli enti per i fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai propri dirigenti o dai soggetti sottoposti alla loro direzione, in considerazione della differenza esistente tra la responsabilità penale (che, per espressa previsione legislativa può ora essere esclusa nel caso di particolare tenuità del danno e del pericolo provocati dalla condotta, nella concorrenza delle altre condizioni richieste dall’articolo 131-bis cod. pen.), e quella amministrativa dell’ente per il fatto di reato commesso da chi al suo interno si trovi in posizione apicale o sia soggetto alla altrui direzione.

(02/03/2020) di Gabriele Taddia

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COMMENTI - Il nuovo 231 inasprisce la durata delle sanzioni interdittive

Le novità introdotte dalla legge 3/2019 in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti, di cui al Dlgs 231/2001, possono essere così sintetizzate:
• ampliamento del catalogo dei reati presupposto: l’articolo 25 Dlgs 231/2001 è stato, infatti, interpolato e, oggigiorno, include tra i delitti contro la Pubblica Amministrazione idonei a generale responsabilità dell’ente anche il reato di traffico illecito di influenze di cui all’articolo 346-bis C.p.;
• inasprimento del termine di durata delle sanzioni interdittive applicabili all’ente in caso di accertamento di responsabilità derivante da taluno dei reati di cui all’articolo 25 Dlgs 231/2001: a fronte della precedente previsione per cui le sanzioni interdittive irrogabili non avrebbero potuto avere durata inferiore ad anni uno, l’attuale formulazione prevede una durata delle misure di cui all’articolo 9, comma 2, Dlgs 231/2001 compresa tra i due e i quattro anni, nel caso di illecito penale commesso da soggetti subordinati, nonché dai quattro ai sette anni, in caso di reato commesso da soggetti in posizione apicale;
• riduzione del termine di durata delle misure interdittive in caso di comportamento virtuoso dell’ente adottato prima della sentenza di primo grado;
• modifica dei termini di durata massima delle misure cautelari interdittive.

(29/05/2019) di Gabriele Taddia

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COMMENTI - Sistema 231: prescrizione e meccanismi interruttivi

Se è vero che in tema di responsabilità da reato degli enti, un omogeneo orientamento sostiene che la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica interrompe il corso della prescrizione dell’illecito in quanto atto di contestazione dell’illecito ove notificata entro cinque anni dalla cosumazione del reato presupposto, un altro atto tipico interruttivo della prescrizione è costituito, come già rilevato, dalla richiesta di applicazione di misura cautelare interdittiva”. Con la sentenza in commento la Cassazione si pronuncia ancora una volta sul complesso tema degli atti interruttivi della prescrizione in ambito Dlgs 231/2001. Un dibattito giuridico che continua ad essere acceso su alcuni punti fondamentali quali la necessità – ai fini dell’efficacia interruttiva – della avvenuta notifica o della mera emissione della richiesta di rinvio a giudizio o di applicazione della misura cautelare.

(31/03/2019) di Gabriele Taddia