Parità di genere – La certificazione: maquillage o realtà?
Esg, un acronimo dal suono un po’ ostico che a qualcuno può evocare astratte dichiarazioni, funamboliche invenzioni, abili maquillage… insomma una sorta di grande “washing” che serve a dare una imbiancata di sostenibilità ad attività che restano assolutamente “come erano prima”…
Ma è solo questo? Oppure gli Esg sono un’opportunità di avviare e compiere un vero percorso di evoluzione delle attività aziendali, nell’ottica, pur di profitto, della sostenibilità vera nel tempo delle stesse?
Nella galassia dei 17 Esg, fra loro interconnessi e interdipendenti mi fa obbligo sceglierne due, in particolare, che hanno riguardato e riguardano più da vicino il Consorzio degli Oli Minerali usati, il Conou, primo consorzio ambientale italiano nato nel 1984, 40 anni fa, appunto: l’Esg n0 12, Consumo e Produzione responsabile, e il n0 5, Parità di genere.

L’amico scettico che ognuno di noi ha ci dirà “tutte chiacchiere, il consumo consuma e per produrre e poi usare si devono generare rifiuti”… ma il Conou, dopo 40 anni di progressiva evoluzione e crescita, è la prova reale che il 100% dell’olio usato (il nostro rifiuto, appunto) può essere raccolto e rigenerato, tant’è che, in Italia, 1/3 della produzione per consumo di olio minerale proviene dalla “miniera” del rifiuto stesso, e non dai pozzi di petrolio. Essere in questo i primi in Europa non sono solo parole…
Ma è un altro l’Esg cui vorrei dedicare le mie riflessioni più recenti, quello della Parità di genere; anche qui, il nostro scettico ci sussurra “sì, va bene, scriviamo un po’ di regolette sulla parità, decliniamo i nomi in ‘a’ e in ‘e’ oltre che in ‘o’ e in ‘i’, ma poi? Che cambia? Ci sono lavori e ruoli da uomo e lavori e ruoli da donna e non sono pari”…
La riposta sta nella cultura dell’azienda e nella sua capacità di evoluzione: nel 2024 il Consorzio ha realizzato un impegnativo percorso di Certificazione sulla norma Uni Pdr 125; oltre che rivedere o esaminare per la prima volta alcune dichiarazioni di principio, pur astratte in apparenza, questa Certificazione ci ha imposto e consentito di riguardare noi stessi, la nostra storia, il nostro sistema di regole e procedure in un’ottica nuova, domandandoci, a ogni passaggio, per ognuna delle cose che ogni giorno facciamo, se ci fosse o meno sotteso un pregiudizio del tipo “per questo è meglio un uomo”.
Quindi la Certificazione è stata un grande ripensamento del sistema procedurale, finalizzato a ricercare tutti i punti ove fosse necessario integrare la verifica di parità; d’altro lato, ci ha posto un tema molto più concreto, che in verità stavamo già da un paio d’anni esplorando e perseguendo, senza pensare alla certificazione: esaminare, con le giuste lenti, gli effetti accumulati negli anni precedenti nell’insieme delle risorse umane, dove vuoi un patriarcato convinto, vuoi un’insensibilità al tema, hanno fatto consolidare scelte di “non parità” date per ovvie o scontate.
L’analisi ha avuto due conseguenze: ha messo in crisi i nostri comportamenti precedenti e ci ha costretto a porre un’accelerazione al sistema correttivo.
In concreto? Il passato è diventato come una vecchia miniera, pensata come esaurita, dove, scavando con coraggio e perseveranza, è stato possibile “trovare”, nascoste, stupende risorse umane al femminile, relegate a compiti meno rilevanti e non in linea con le loro straordinarie capacità. Da ciò sono nate, nel pur piccolo contesto della nostra sede consortile, la selezione di una Responsabile “di campo” territoriale per una delle tre aree (ma non era un lavoro da maschio il contatto diretto con i Raccoglitori di rifiuti industriali?), la promozione a quadro di una signora non più giovane ma ancor tenace e coraggiosa, e, soprattutto, la costituzione di un team di governo consortile di 5 manager, fra cui due signore, capaci, determinate e professionali che si sono appropriate delle rispettive funzioni, dando loro nuovi impulso, incisività e rilievo crescenti nonché un forte contributo alla gestione complessiva.
Tutto questo non si è potuto fare in un giorno, è stato il frutto di un cammino di 2-3 anni di cui la Certificazione è stata l’atto conclusivo, ma anche la sistematizzazione e la presa di coscienza di ciò che, in modo pragmatico e forse istintivo, si stava già facendo.
Quindi, se oggi il nostro scettico ci domandasse cosa ha reso concreta una cosa preliminarmente astratta come la Certificazione, risponderei:
• una consulenza di supporto convinta e capace (al femminile, possibilmente, come nel nostro caso);
• un lavoro paziente di scavo nella miniera delle risorse esistenti;
• la assunzione sistematica del rischio delle scelte e della delega.
Se poi tutto questo lo caliamo nella realtà più ampia dei Consorziati, delle nostre imprese familiari, dove numerose sono le donne imprenditrici o manager e dove i processi di successione generazionale volgono sempre più al femminile, nel quadro di una successione maschile che non viene più data per obbligata, allora trovano un senso completo tutte le azioni vuoi concrete vuoi di impostazione per sanare il possibile spreco di talenti che, in passato, nella nostra cultura industriale si è verificato per “disparità di genere”.
Concludo dicendo che le storie delle aziende sono tutte diverse ma credo che tutte, piccole o grandi, con o senza un passato di disparità di genere, possano trovare valore aggiunto e profitto nella attività di scavo nella miniera delle risorse umane dove sarà facile, pensando “pari”, scoprire filoni auriferi dimenticati.
IL CONSORZIO
Circolarità, sostenibilità, innovazione, trasparenza e comunicazione, sono parole chiave del CONOU, il Consorzio Nazionale degli Oli Minerali Usati, 40 anni nel 2024. Il Consorzio, che ha raggiunto al 100% l’obiettivo di raccolta e avvio a rigenerazione degli oli lubrificanti usati in Italia, è un’eccellenza europea, con la sua filiera di 59 aziende di raccolta e due imprese di rigenerazione.
Nel 2023 ha raccolto 183.000 tonnellate di olio minerale usato, pari alla totalità del raccoglibile, destinandole alla rigenerazione, riportando così a nuova vita circa 120.000 tonnellate di lubrificanti, pari a circa 1/3 del fabbisogno del Paese, con benefici tangibili, dalla salvaguardia dell’ambiente (con 127.000 tonnellate di CO2 evitate e 60 milioni di m3 di acqua risparmiati), fino al risparmio sulle importazioni di petrolio, oltre ai vantaggi sociali in termini di qualità e quantità di occupazione generata.
Oggi che i legislatori nel mondo si domandano come promuovere la circolarità, fortissima è l’attenzione rivolta al modello CONOU, organizzazione, economics e governance, che ne fanno un esempio da imitare.