Bioplastiche compostabili, tutti i vantaggi di una filiera virtuosa

Il report di sostenibilità di Biorepack realizzato dall’università Bocconi fotografa l’impatto ambientale, sociale ed economico garantito dalla gestione virtuosa delle bioplastiche compostabili. Il sistema premiale incentiva i Comuni ad aumentare la qualità, oltre che la quantità della raccolta. Un modo per accrescere il compost prodotto e ottenere maggiori corrispettivi economici. A patto di rispettare gli obblighi di rendicontazione.

5 milioni di tonnellate di rifiuti umidi raccolti da cucine e mense, 1,9 milioni di tonnellate di compost prodotto, 410.000 tonnellate di carbonio organico riportato nei terreni agricoli, 5,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno risparmiate rispetto all’avvio in discarica, 409 milioni di metri cubi (Nm3) di biogas prodotti (411 GWh di energia elettrica, 169 GWh di energia termica e 167 milioni di Nm3 di biometano). E ancora, 9,4 milioni di euro distribuiti tra i Comuni e i soggetti gestori della raccolta differenziata in tutta Italia e 436.000 euro di investimenti in ricerca e sviluppo.

Abbiamo scelto questi 10 dati, tra i tanti inseriti nel report di sostenibilità realizzato dalla School of Management dell’Università Bocconi di Milano con l’obiettivo di fotografare l’impatto positivo, in termini ambientali, sociali ed economici, della filiera degli imballaggi in bioplastica compostabile e del sistema Biorepack, primo esempio al mondo di consorzio dedicato al fine vita di questo tipo di prodotti.

Una prova di quanto lungimiranti si rivelino gli investimenti nei materiali innovativi, creati nell’ambito della bioeconomia circolare. Le bioplastiche compostabilfi hanno infatti un duplice merito: all’interno degli impianti di trattamento, al pari degli altri rifiuti organici, si trasformano in compost; inoltre, l’utilizzo di sacchetti in bioplastica per la raccolta differenziata dell’umido facilita e rende più semplice il compito delle famiglie, aumentando la qualità e quantità del rifiuto conferito.

Il risultato finale della loro trasformazione – il compost – aiuta a riportare, in modo naturale, nei suoli agricoli i nutrienti di cui hanno bisogno per fermare il degrado. Un’azione che i cambiamenti climatici stanno rendendo sempre più urgente, nonostante l’entità del problema sia decisamente sottovalutata rispetto ad altre emergenze ambientali:

“Il 68% dei terreni agricoli ha perso più del 60% del carbonio organico originariamente presente” spiega Claudio Ciavatta, ordinario di Chimica agraria all’Università di Bologna e coautore del primo Rapporto sulla salute del suolo in Italia di Re Soil Foundation. “Tale perdita sta compromettendo il funzionamento dell’ecosistema suolo e la sua fertilità. Già oggi, la maggior parte dei terreni italiani ha un contenuto di carbonio basso o molto basso, in ogni caso inferiore al limite considerato necessario per poterli ritenere sani. Riportare sostanza organica nei terreni, attraverso la valorizzazione dei rifiuti compostabili, è un obiettivo che deve vedere protagonisti tutti i cittadini e le amministrazioni locali”.

In tal senso, le attività poste in essere nei suoi 3 anni di vita dal consorzio Biorepack vanno senz’altro nella giusta direzione. “Stimolando la conoscenza, il corretto utilizzo e il successivo smaltimento degli imballaggi compostabili, vogliamo favorire la consapevolezza delle famiglie italiane sull’importanza dell’intera frazione organica dei rifiuti, che – è bene ricordarlo – rappresenta il 40% di tutti i rifiuti prodotti nelle nostre case” sottolinea Carmine Pagnozzi, direttore generale di Biorepack.

I risultati raggiunti – aggiornati all’ultima relazione presentata dal consorzio a maggio scorso – confermano la bontà del sistema: il tasso di riciclo organico delle bioplastiche compostabili, al netto degli scarti causati dalla presenza di materiali estranei, sfiora il 57% dell’immesso al consumo (44.338 tonnellate su un totale di 77.900). Un dato superiore agli obiettivi fissati sia per il 2025 sia per il 2030. La quota di popolazione nazionale servita dalle convenzioni siglate con i Comuni o con i soggetti da questi delegati alla gestione della raccolta sale di 10 punti rispetto all’anno scorso e sfiora i ¾ del totale nazionale, superando i 43 milioni di cittadini. E le convenzioni coprono oltre 4.600 amministrazioni comunali (su un totale di 7.901), pari al 58,5% (erano poco meno del 48% l’anno prima).

Sono proprio i Comuni e i soggetti da loro delegati alla raccolta gli organismi che toccano più da vicino i vantaggi economici che il “sistema Biorepack” può garantire, attraverso un meccanismo premiale: più un Comune aumenta la raccolta differenziata degli scarti organici e delle bioplastiche compostabili, più cresce il corrispettivo riconosciuto da Biorepack. Ma ad essere stimolata è anche la qualità della raccolta: più è pura, più l’importo pagato è alto. L’accordo stipulato con l’Anci (associazione che riunisce tutti i Comuni italiani) prevede un massimo di euro 147,86 per ogni tonnellata di bioplastiche raccolte nell’umido, a patto però che il tasso di materiali non compostabili sia inferiore al 5% del totale. Cifra che scende con l’aumentare del tasso di scarti.

“Il sistema è concepito proprio per minimizzare i materiali estranei nella differenziata e per incentivare la diffusione di sistemi di raccolta capaci di massimizzare la qualità dei rifiuti” spiega Pagnozzi. “Siamo felici di notare che, anno dopo anno, anche grazie alle risorse messe a disposizione dal nostro consorzio, i Comuni stanno ponendo in essere diverse iniziative di comunicazione e accorgimenti per ridurre al minimo le frazioni estranee che costringono gli operatori degli impianti a complesse attività di separazione che riducono la quantità di materiale da avviare a compostaggio. Ogni chilogrammo di materiali non compostabili da separare sottrae al riciclo anche 1,65 kg di matrici compostabili”.

Riuscirci d’altro canto va a tutto vantaggio delle casse comunali. Da Biorepack arriva però un monito ai Comuni convenzionati: “Sottoscrivere l’accordo con noi ed effettuare una buona raccolta dell’organico non è sufficiente per ricevere i corrispettivi economici” ricorda Pagnozzi. “Le erogazioni sono vincolate a una serie di adempimenti che i Comuni devono eseguire periodicamente. A partire dalla rendicontazione delle quantità di rifiuti organici raccolti ed effettivamente riciclati, sulla base della quale viene calcolato l’importo da versare”.

IL CONSORZIO

Biorepack, Consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, è un consorzio di diritto privato, senza fini di lucro, con statuto approvato con decreto del Ministero della Transizione ecologica di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, con la finalità di garantire lo sviluppo della raccolta differenziata e del riciclo organico delle bioplastiche assieme alla frazione organica dei rifiuti (articolo 182-ter del Dlgs 152/2006). È costituito da oltre 200 imprese, attive nella produzione di materie prime, trasformazione e utilizzo industriale degli imballaggi in bioplastica compostabile certificata Uni En 13432, nonché del loro riciclo organico.