Imballaggi, la rivoluzione silenziosa del PPWR
Dal riciclo obbligatorio alle buone prassi: come cambierà davvero il packaging in Europa
È entrato in vigore l’11 febbraio 2025 il Regolamento europeo 2025/40, noto come PPWR – Packaging and Packaging Waste Regulation. Un testo ambizioso, complesso e destinato a rivoluzionare il modo in cui in Europa si progetta, produce, utilizza e smaltisce un oggetto tanto comune quanto strategico: l’imballaggio.
Dopo anni di confronti tra Commissione, Parlamento e Stati membri, il PPWR manda in soffitta la vecchia Direttiva del 1994. E soprattutto, cambia le regole del gioco: niente più interpretazioni nazionali. Ora l’Europa parlerà una sola lingua quando si tratta di packaging.
L’obiettivo è chiaro: ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi, promuovendo riuso e riciclo, evitando il superfluo e incentivando la progettazione intelligente. Il tutto garantendo la libera circolazione delle merci nell’Unione.
Da qui nasce una tabella di marcia stringente: entro il 2030, i rifiuti da imballaggio dovranno essere ridotti del 5%, per poi arrivare al 15% entro il 2040. Il riferimento è l’anno 2018, scelto come base di confronto. E i mezzi per arrivarci sono tanti: divieto di alcuni imballaggi monouso, limiti severi al cosiddetto “overpackaging” e l’obbligo di utilizzare materiali riciclabili o compostabili. Dal 1 gennaio 2030, nell’Ue saranno ammessi solo imballaggi riciclabili secondo criteri da definire entro il 2028. Entro il 2035 dovranno essere riciclati su larga scala. La riciclabilità sarà classificata in tre livelli (A, B, C) e inciderà sulle tariffe EPR. Dal 2038, gli imballaggi di categoria C saranno esclusi dal mercato, in un percorso verso un packaging sempre più sostenibile.
Inoltre, a partire dal 1º gennaio 2030, almeno il 40% degli imballaggi utilizzati per il trasporto o la vendita, inclusi quelli per l’e-commerce, dovrà essere riutilizzabile all’interno di sistemi di riutilizzo. La quota salirà al 70% entro il 2040. L’obbligo si applica a contenitori come pallet, casse, taniche, vassoi e scatole, anche flessibili. Per gli imballaggi usati tra siti della stessa azienda o tra imprese collegate, il riutilizzo sarà obbligatorio fin da subito. Esclusi solo i casi speciali, come il trasporto di merci pericolose o alimenti.

La vera sfida sarà però a monte: nella progettazione. Il Regolamento impone che ogni imballaggio sia “minimizzato” nel peso e nel volume, ma senza comprometterne la funzione. Una sfida ingegneristica che coinvolgerà tutto il comparto industriale.
Gli imballaggi troppo voluminosi, con vuoti superiori al 50% o con elementi estetici inutili, non potranno più essere commercializzati. E dal 2030, alcuni imballaggi monouso in plastica (ad esempio quelli per frutta non trasformata o condimenti monodose nel settore Horeca) saranno banditi.
Dal 2028, ogni imballaggio destinato ai consumatori dovrà parlare chiaro: un’etichetta, sotto forma di pittogramma, indicherà in modo semplice dove e come smaltirlo. Lo stesso pittogramma sarà presente sui contenitori per la raccolta.
Nel frattempo, crescono anche gli obblighi sul contenuto di plastica riciclata: ad esempio, le bottiglie in PET dovranno contenere almeno il 30% di plastica riciclata entro il 2030. Una soglia che salirà nei decenni successivi.
In questo panorama in forte trasformazione, le Buone Pratiche di Fabbricazione ambientale (GMP) diventano uno strumento cruciale. Non si tratta solo di rispettare gli obblighi: le GMP aiutano le aziende a migliorare i propri processi, a ridurre gli sprechi, a garantire tracciabilità e a fare vera innovazione.

Progettare un imballaggio sostenibile richiede competenze trasversali: dalla scelta dei materiali, alla minimizzazione del consumo energetico, alla valutazione del ciclo di vita del prodotto. Le buone prassi ambientali rappresentano una bussola per orientarsi in questa complessità.
A supporto delle aziende italiane, l’Istituto Italiano Imballaggio ha affidato alla Commissione Packaging & Ambiente la redazione di un documento guida sulle buone prassi. Si tratta di un manuale operativo, pensato per i produttori di imballaggi, che fornisce indicazioni pratiche su: requisiti di processo, conformità di prodotto, documentazione da produrre e conservare.
Il PPWR non è solo una sfida, ma una grande occasione. Chi saprà muoversi per tempo, adottando le buone prassi e investendo in innovazione sostenibile, non si limiterà a rispettare la legge: diventerà protagonista del nuovo mercato europeo degli imballaggi.
E come sempre, in queste transizioni, il vantaggio competitivo sta nel fare prima, e meglio, degli altri.
L’Istituto Italiano Imballaggio è il punto di riferimento per le imprese della filiera del packaging. Associazione privata super partes, promuove la cultura dell’imballaggio attraverso attività di formazione, consulenza normativa e aggiornamento tecnico-scientifico. Offre supporto su tematiche legate a materiali, sostenibilità, sicurezza alimentare, etichettatura dei prodotti preconfezionati e ambientale e compliance normativa. Tra i servizi distintivi, l’accesso a una rete qualificata di esperti, documentazione tecnica aggiornata e webinar tematici. Per le imprese, aderire all’Istituto significa aggiungere una leva alla competitività aziendale, confrontarsi sull’evoluzione normativa e partecipare attivamente al dialogo lungo la filiera.