Sistri, sprechi di risorse e complicanze. Il magro bilancio di cinque anni di tracciabilità elettronica dei rifiuti
Degli intrecci svariati e invasivi del Sistri, ormai, si sa (quasi) nulla. L’epica favolistica che, fin dall’inizio, lo ha contraddistinto si è appiattita nell’asettico bollettino Consip. Così, da una specie di danza fiammeggiante sulle punte, più simile a un romanzo d’appendice a puntate che a un sistema, si è giunti alla freddezza burocratica delle pagine della centrale di acquisto della Pa.
Tuttavia, nonostante l’ufficialità dei proclami e la freddezza della comunicazione, il Sistri rimane incerto, tra l’essere e il non essere.
Sul fronte dell’essere, è noto che (per i rifiuti pericolosi) oggi il Sistri si usa insieme a registri e formulari di carta (ma non era una semplificazione?). Non solo, si paga il contributo annuale e (in difetto) si subisce la relativa sanzione. A parte il regime sanzionatorio appena indicato, tutto dovrebbe entrare a regime a decorrere dal 1º gennaio 2016 (Dl 101/2013, opportunamente prorogato) ma, sul fronte del non essere, non si sa come entrerà a regime. Sin da ora, infatti, si intuisce la modifica. Risale a giugno scorso, infatti, l’indizione da parte di Consip, per conto del Ministero dell’Ambiente, della gara a procedura ristretta – a lotto unico – per la concessione del Sistri. Dal sito www.consip.it si apprende che il valore stimato della concessione è di 260 milioni di euro, per i cinque anni di durata del contratto (più ulteriori 24 mesi opzionali) che verrà stipulato con l’aggiudicatario.
Ancora dal sito Consip si apprende che il criterio di aggiudicazione della gara è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con un massimo di 60 punti tecnici e 40 punti economici. Tale gara prevede l’affidamento in concessione di:
tracciatura dell’intero ciclo di vita del rifiuto attraverso i registri di carico e scarico (produttore e smaltitore), le schede di movimentazione (produttore e trasportatore) in modo da produrre in automatico il Mud ed avere quindi una contabilità del rifiuto chiara e definita;
registrazione dei percorsi in modalità offline, in linea con l’attuale normativa, con un modello in grado di evolvere in funzione delle nuove normative europee in fase di diffusione anche mediante lo svolgimento dei servizi operativi (inerenti la tracciabilità del rifiuto, la registrazione dei percorsi, la gestione del contributo, il supporto agli utenti e la disponibilità delle informazioni) e di quelli strumentali (attività funzionali all’erogazione dei servizi concessori, quali la presa in carico del sistema, la gestione delle infrastrutture, la manutenzione e l’evoluzione del sistema informativo, il call center).
Un cambiamento imminente che, ad oggi, ripropone il perenne scenario di incertezza di riferimenti e di certezza di costi.
Nel labirintico viaggio che da cinque anni le imprese sono costrette a intraprendere, il Sistri è apparso quanto di più ingiusto e ingiustificabile sia accaduto nel (pur “dinamico”) mondo nazionale della gestione dei rifiuti. L’ennesimo primato negativo dell’Italia, come se solo il male potesse distinguerci.
È evidente che alla rielaborazione tecnica e tecnologica dovrà affiancarsi la revisione del sistema normativo di riferimento, evitando che la prima prevalga sul secondo come molto spesso è accaduto in questi primi anni.
Nelle certezze di oggi, si è detto, accanto a quella di doversi iscrivere e di dover pagare il contributo annuale c’è anche quella delle sanzioni per le relative omissioni. Nella revisione della normativa di riferimento sarebbe interessante poter prevedere sanzioni proporzionate al danno ambientale prodotto o potenziale.
Il Sistri avrebbe dovuto garantire il contrasto ai traffici illeciti mediante la tracciabilità digitale dei rifiuti. Questo non è stato e, come se il Sistri fosse andato via da sé stesso, ha lasciato a tutti il rimpianto amaro, con tutto il denaro profuso, di quanto e di come avrebbe potuto essere. Un interrogativo che rimane, nella testa e nelle carte, di quella possibilità non attuata, che lascia il segno di un (ulteriore) non senso, come traccia e figura di una infelicità segreta.