La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
Con l’entrata in vigore della legge 125/2015 e della nuova definizione di “produttore iniziale” dei rifiuti si chiede di sapere se gli oneri gestionali sono duplicati anche sulla figura del committente delle opere (es. formulario) e se su tale committente grava una specifica responsabilità per la gestione dei rifiuti derivanti da quelle opere eseguite da terzi (anche in appalto).
La società A fornisce alla società B del gruppo una pluralità di servizi, tra i quali: gestione e manutenzione di un degrassatore installato a valle di un impianto idrico della mensa; gestione e manutenzione di fosse settiche.
La società A si definisce detentore del rifiuto ma non produttore, ma tale società per essere abilitata alla detenzione del rifiuto non prodotto deve essere autorizzata?. Quindi: chi è il produttore? Il detentore non produttore, può detenere il rifiuto senza titolo autorizzativo?
Un produttore di rifiuti pericolosi che abbia più di 10 dipendenti e che trasporti tali rifiuti in virtù della propria iscrizione all’Albo gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 8, Dlgs 152/2006 (categoria 2-bis), è tenuto a iscriversi al Sistri sia per l’attività di produzione che per l’attività di trasporto? E se avesse fino a 10 dipendenti?
Dalla lettura del regolamento (Ue) 1357/2014 non emerge l’individuazione di una classe di pericolo per i rifiuti costituiti da bombole di gas compressi contenenti un gas inerte o bombolette di aerosols, tutti aventi come unico codice di indicazione di pericolo H229 (Contenitore pressurizzato: può scoppiare se riscaldato). Si chiede in proposito se sia corretto attribuire la caratteristica di pericolo HP 15 che pare la più pertinente nonostante il codice H229 non sia indicato nella Tabella 9 di detto regolamento.
È corretto affermare che il rischio prevalente, per un contenitore confezionato (chiuso e datato), che contiene anche rifiuti potenzialmente contaminati (sacche per urina, cateteri, pannoloni, ecc.) sia quello radioattivo, per cui occorrerà attendere il tempo di decadimento della sostanza radioattiva?
È possibile non apporre la data del confezionamento sul contenitore per rifiuti sanitari speciali pericolosi identificato, mediante etichetta ben visibile che apporta la dicitura “rifiuti prodotti da paziente che ha effettuato esami di medicina nucleare”, come potenzialmente radioattivo, in attesa del decadimento e, quindi datarlo successivamente e smaltirlo come di consueto?
Un impianto autorizzato riceve rifiuti inerti, non pericolosi, derivanti da demolizione accompagnati da certificazione analitica del produttore. All’esito del trattamento (frantumazione e vagliatura) vengono fatte le analisi prescritte dalla circolare n. 5205/2005 sul cumulo di riciclato con esito positivo (assenza di sostanze pericolose).
Tuttavia, qualche giorno dopo, su tale cumulo viene rinvenuto a vista, per puro caso, un frammento di amianto (da ondulina di eternit), evidentemente sfuggito al campionamento e mai notato prima. In questo caso, si può asportare e conferire in discarica il singolo frammento di amianto, oppure l’intero cumulo di riciclato va considerato inidoneo alla commercializzazione (nonostante l’analisi positiva) e smaltito come rifiuto?
Il nostro trasportatore e smaltitore dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo e non, ci ha caldamente raccomandato, di far sottoporre i rifiuti pericolosi a rischio chimico (soprattutto liquidi) Cer 18.01.06*, 15.01.10*, 15.02.02* a prove di laboratorio, rendendosi disponibile ad eseguirli, perché il regolamento Ue 1357/2014 le richiede e classi di pericolo hanno subito variazioni e da un attuale H4 o H5 si passa ad un HP4 o HP5. È corretta questa procedura?
Siamo obbligati a far sottoporre i rifiuti di cui sopra alle prove di laboratorio pur in possesso delle schede di sicurezza? Possiamo rivolgerci al nostro trasportatore ufficiale per l’esecuzione delle prove? Va considerato che con il codice 18.01.06* (sostanze chimiche pericolose) sono comprese più di 30/40 sostanze pericolose diverse e, se dovessimo procedere alle prove di laboratorio al costo di 450 euro ciascuna, la spesa sarebbe rilevante.
Rifiuto generato dalla inertizzazione di rifiuti non pericolosi attraverso stabilizzazione con leganti idraulici quali calce e cemento effettuata al fine di rendere il rifiuto idoneo allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi (test di cessione conforme ai limiti della tabella 5, Dm 27 settembre 2010). Il processo non cambia lo stato fisico dei rifiuti trattati. In considerazione delle nuove definizioni introdotte dalla decisione 2014/955/Ue, quale è il Cer corretto da assegnare a questo rifiuto rilevato che nelle definizioni di “stabilizzazione” e “rifiuto parzialmente stabilizzato” non rientra il trattamento di rifiuti non pericolosi?
Nel corso delle analisi condotte su alcuni rifiuti plastici (Cer 070213 attribuito dal produttore), sono state ricercate e riscontrate concentrazioni di ftalati superiori al limite stabilito dal regolamento (Ue) 1357/2014. In linea di principio, ha senso analizzare gli ftalati utilizzati come plastificanti che risultano inglobati nella matrice plastica e scarsamente disponibili? Moltissimi beni di consumo plastici contengono ftalati e non per questo sono considerati pericolosi. In caso di cavi (Cer a specchio 170410* cavi impregnati da… sostanze pericolose) che significato ha la ricerca e la quantificazione degli ftalati? Sarebbe sufficiente classificare a vista il rifiuto esplicitando nel certificato che lo stesso non risulta impregnato di olio ecc.?
A seguito dell’entrata in vigore della decisione 955/2014/Ce dal 1 giugno 2015, alcuni produttori di rifiuto si sono trovati in difficoltà con la sua movimentazione. Infatti, con la riduzione dei valori soglia, il rifiuto prima non pericoloso risulta ora pericoloso, ma per tale rifiuto (120104) esiste solo il codice non pericoloso “in assoluto” e non c’è quindi un codice a specchio.
In base alle istruzioni della legge 116/2014 (in vigore dal 18 febbraio 2015) occorre far riferimento all’analisi chimica che viene effettuata sul campione prima del conferimento a smaltimento e se le caratteristiche di pericolo non possono essere individuate il rifiuto dovrà in ogni caso essere considerato pericolo.
Cer 150110* – imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze: si chiede se, per quanto attiene la valutazione della pericolosità delle sostanze, è corretto fare riferimento alla pericolosità delle materie precedentemente in essi contenute, dedotta dalla scheda di sicurezza. Oppure, in quanto rifiuti, occorra riferirsi alla pericolosità delle materie in essi contenute valutata secondo i criteri di cui al regolamento (Ue) 1357/2014.
Si chiede conferma che la parola “sostanze” debba intendersi come “materie”, oppure nel caso in cui nell’imballaggio sia stata contenuta una miscela non pericolosa seppur contenente sostanze pericolose, allo stesso sia corretto assegnare un Cer “non pericoloso”.
Le ultime norme Ue sulla classificazione dei rifiuti impongono che la valutazione sia fatta in base a elementi oggettivi (analisi, Sds, metodi di prova). L’analisi di alcune schede di sicurezza evidenzia delle incongruenze che rendono incerta la valutazione. In particolare, le indicazioni di pericolo “H” riportate nella sezione 2 di tutte le schede spesso non si ritrovano poi nella composizione chimica riportata nella sezione 3. In tal caso, il rifiuto è da considerarsi pericoloso o no?
Se una scheda riporta una o più delle indicazioni di pericolo H400-H411-H412-H413, va associata in automatico l’ecotossicità HP 14 o per questa bisogna attendere nuovi criteri con i limiti di concentrazione da parte del legislatore? Si chiede conferma che i codici di indicazione di pericolo “H” abbiano sostituito le vecchie frasi di rischio “R”.
A seguito della pubblicazione della legge 6 agosto 2015, n. 125 e della conseguente definizione della caratteristica di pericolo HP 14 “ecotossico” secondo le modalità dell’Accordo europeo relativo al trasporto internazionale delle merci pericolose su strada (ADR) per la classe 9 – M6 e M7, si è di fatto lasciata scoperta la pericolosità per lo strato di ozono, dal momento che l’ADR stesso fa riferimento alla sola pericolosità per l’ambiente acquatico. Quindi, per quanto concerne la classificazione dei rifiuti, non si applica nessun limite alle sostanze classificate come H420? Il dubbio si traduce in una difficoltà di assegnazione delle caratteristiche di pericolo ai rifiuti contenenti CFC, come ad esempio 20.01.23*, per i quali HP 14 non è più strettamente pertinente. Inoltre, a seguito della citata modifica, occorre far riferimento, per la definizione del limite da rispettare, ai fattori M. Tuttavia, nel Clp, non sono definiti i fattori M per tutte le sostanze classificate H400, 410 e 411. È lecito, al fine di colmare questo buco e di poter classificare un rifiuto, assegnare M=1 a tutte le sostanze per le quali tale fattore non è definito né nel Clp, né eventualmente nelle schede di sicurezza dei prodotti commerciali utilizzati dal produttore del rifiuto?