Ben arrivato 2024, verso la Cop 29 di Baku e la totale riscrittura del “Codice ambientale”

Argomenti trattati: Codice ambientale

In linea con i tempi liquidi e confusi di questi anni, anche a Dubai, all’esito della Cop 28, le parole si sono mescolate e la svolta epocale di cui tanto si parla appare solo un compromesso che, seppur migliore rispetto agli annunci iniziali, è inadeguato: i combustibili fossili saranno abbandonati ma con una “transizione ordinata, giusta ed equa anche per i paesi produttori”.

I risultati di Dubai la chiamano “transitioning away” che Google traduce con “allontanandosi” che non significa “rimanere” ma neanche “uscire”. Ed è ben diversa dal necessario “phase-out”. Non esiste neanche un cronoprogramma.

L’imperatore Augusto avrebbe chiamato tutto ciò “féstina lente”, affrettati lentamente.

Ed è proprio questa lentezza dell’agire la vera – dissimulata – protagonista del gran clamore di Dubai dove, ancora una volta, si sono contrapposte due visioni: agire ora e agire poi. Parole come gesti di un rito, dove si prova a salvare l’idea di una casa comune, pur nella rassegnazione di non riuscire a renderla abitabile.

Se è vero che senza norme vincolanti e senza sanzioni la Cop non arriva da nessuna parte, è anche vero che (quasi) 200 governi, con agende e priorità diverse, non riusciranno mai a stabilirle. È nell’ordine naturale delle cose. Allora (anche) questa Cop 28 è servita quasi a niente? No, perché il problema delle fonti fossili è finalmente emerso. No, perché impatti positivi sulle emissioni si avranno nel medio termine grazie all’impegno di 22 Paesi a triplicare la capacità nucleare entro il 2050 e di 121 Nazioni a triplicare quella rinnovabile e a raddoppiare gli incrementi di efficienza energetica entro il 2030. No, perché il fondo “loss and damage” è stato alimentato con 700 milioni di dollari, non bastano ma è un primo risultato.

Con questo paniere, si chiude la scena su Dubai e ci si lancia verso la Cop 29 di Baku (Azerbaijan, un grande produttore di petrolio e gas naturale) alla fine del 2024.

Intanto, ci si rassegna all’evidenza di tutti che tornano al proprio quotidiano dove, al pari dell’economia e della popolazione, le emissioni crescono.

Tante strade intorno e nessuna dentro.

Dal canto suo, la disciplina ambientale inaugura una nuova epifania e il nuovo Anno saluta la Commissione ministeriale incaricata di riscrivere il “Codice ambientale” sostituendo quello di cui al Dlgs 152/2006. Lo farà elaborando uno schema di legge delega per il riassetto e la codificazione delle norme vigenti raccolte in un unico testo (entro il 31 gennaio 2024) ed elaborando lo schema di uno o più decreti legislativi attuativi dei principi e criteri direttivi della legge delega (entro il 31 dicembre 2024).

Più che mai, dunque, ci sarà bisogno di ReteAmbiente, del suo Osservatorio normativo e di questa Rivista che, quest’anno, compie orgogliosamente 30 anni. E proprio in vista di appuntamenti così significativi, questi strumenti cambiano dinamicamente forma ma si mantengono nella sostanza di preziosi e necessari compagni di viaggio per i settori produttivi e dei servizi, per gli ambiti di gestione dei rifiuti, l’Amministrazione pubblica e i mondi delle molte professioni che si assiepano intorno alla tutela ambientale.

Rivista Rifiuti e Osservatorio normativo di Reteambiente rappresentano l’originale metodo di analisi che in tutti questi anni ha reso evidente il suo sano e rigoroso rapporto con le cose e con le idee, senza confusioni. Senza armeggiare con piccoli artifici né con capolavori di retorica. Un’assenza di “gingilli” che, da sempre, rende questo metodo non rinunciabile.

Dopo la sfida del “Decreto Ronchi” e del “Codice ambientale”, parte un nuovo corso dove, ancora una volta, nel geometrico fluire delle cose, vedremo ogni dettaglio e disegneremo, ancora una volta, la geografia necessaria alla comprensione consapevole e al pensiero facilmente accessibile.

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