Documento riservato agli abbonati:
Accesso riservato

Classificazione rifiuti, se non si verifica la condizione l’analisi non serve

Argomenti trattati: Classificazione

Quesito numero 982

Si legge che le indagini da svolgere per determinare le proprietà di pericolo che un rifiuto possiede sono le seguenti:

a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso:

la scheda informativa del produttore;

la conoscenza del processo chimico;

il campionamento e l’analisi del rifiuto;

b) determinare i pericoli connessi a tali composti attraverso:

la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi;

le fonti informative europee ed internazionali;

la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto;

c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo (…).

Si osserva che: sia per il punto a) che per il punto b), le varie “opzioni” non sono tra loro collegate da una “e” (congiunzione) o da un “oppure” (congiunzione disgiuntiva o alternativa). Pertanto non è chiaro se tutto ciò che viene elencato nel Dlgs 152/2006 sia da fare oppure basta soddisfare anche solo una delle azioni indicate.

Una delle domande che ne conseguono è questa: supponendo che il rifiuto da smaltire sia una materia prima (oppure, ad esempio, una soluzione in cui si conosce l’esatta quantità di materia prima presente) di cui si possiede una scheda di sicurezza, il produttore è, comunque, obbligato a far eseguire delle analisi (inteso come ricerca di laboratorio di sostanze presenti e relativa concentrazione) di caratterizzazione? Se la risposta è no: è accettabile/sufficiente che sia il produttore ad attribuire le caratteristiche di pericolo sulla base della scheda di sicurezza oppure è necessario che tale caratterizzazione venga certificata attraverso l’attestazione di un chimico (spesso tali certificati vengono indicati come “caratterizzazione merceologica”)?