Terre e rocce, il regime di favore va sempre dimostrato; diversamente restano rifiuti
Quesito numero 678
Ove l’amianto naturalmente presente in un terreno, con superamento dei valori di concentrazione, dovesse essere impiegato al di fuori del sito di estrazione, si ricadrebbe a tutti gli effetti nei casi previsti dall’articolo 186, Dlgs 152/2006. A questo punto, però, la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 186, comma 1, lettera f) (“In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d’uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione”) deve essere dimostrata? Il fatto è che, nel caso dell’amianto, non esiste la differenziazione tra “colonna A” e “colonna B” per le Csc, e di conseguenza la compatibilità di un materiale che dovesse presentare valori di concentrazione di amianto superiori a 1000 ppm (o mg/kg) dovrebbe doversi escludere a priori, o tutt’al più limitarsi ad aree interessate dalla presenza delle stesse litologie caratterizzate dalla presenza di amianto naturale. Qual è il vostro parere in merito?
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