Gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita: linee guida e best practice

di Diego Arbizzoni (Head of Sales Re Open)

 

 

 

Il fotovoltaico è ormai una colonna portante del sistema energetico italiano: quasi 40 GW di potenza installata e milioni di moduli in funzione testimoniano una diffusione di questa tecnologia. Questo successo, però, pone una questione inevitabile: cosa accade quando i pannelli raggiungono il termine della loro vita utile?

Un modulo solare non è eterno. Dopo venti o trent’anni di esercizio – o talvolta anche prima, per guasti o eventi atmosferici – diventa un rifiuto speciale. La normativa italiana lo classifica come RAEE fotovoltaici (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), imponendo obblighi precisi di raccolta, trattamento e recupero. Gestire correttamente questi rifiuti significa non solo ridurre i rischi ambientali, ma anche recuperare materiali preziosi e ridare valore a ciò che altrimenti diventerebbe scarto.

Un pannello fotovoltaico con tecnologia cristallina è costituito per la maggior parte da vetro e alluminio, a cui si aggiungono silicio, rame, argento e vari polimeri che fungono da leganti e strati protettivi. Se consideriamo che solo i moduli installati con il Conto Energia tra il 2007 e il 2015 pesano complessivamente oltre un milione di tonnellate, è evidente che ci troviamo di fronte a un flusso consistente di materiali che nei prossimi anni dovrà essere gestito con grande attenzione.

Questi numeri rendono chiara la posta in gioco: i pannelli a fine vita possono essere una risorsa per l’industria, oppure un problema ambientale. La differenza dipenderà dalla capacità di costruire una filiera efficiente di raccolta, trattamento e riciclo.

La tecnologia di riciclo dei moduli è relativamente giovane, ma si sta evolvendo rapidamente. Oggi i principali approcci si possono sintetizzare in quattro modalità operative:

1. Triturazione meccanica

I moduli vengono frantumati, con o senza rimozione preliminare della cornice e della junction box. È un sistema veloce e adatto a grandi volumi, ma produce frazioni miste e poco pure, difficili da reimpiegare senza ulteriori lavorazioni.

2. Abrasioni selettive

Alcuni impianti adottano linee che asportano progressivamente lo strato di vetro, generando polvere di silicio e residui di backsheet. Si ottengono materiali più puliti e meglio valorizzabili, ma a scapito della produttività: i tempi di trattamento sono lunghi e i costi elevati.

3. Processi ibridi

Esistono soluzioni intermedie, in cui i moduli vengono “grattati” superficialmente per rimuovere la parte vitrea, lasciando un sandwich di celle ed EVA da avviare ad altri impianti. Questo approccio ha il vantaggio della rapidità, ma dipende da filiere esterne per completare il recupero.

4. Preparazione al riutilizzo

Prima ancora del riciclo, si può prolungare la vita utile dei moduli ancora funzionanti. In appositi centri autorizzati i pannelli vengono testati e, se idonei, possono essere reinstallati, spesso in mercati emergenti. È un’opzione sostenibile, ma il suo sviluppo è frenato da incertezze normative e dalla scarsa tracciabilità della filiera di riuso (mercati di destino dei moduli).

Alcuni componenti sono facilmente valorizzabili: l’alluminio delle cornici, il rame dei cavi, trovano facilmente sbocchi nell’industria metallurgica. Più complessa è la gestione del vetro, che rappresenta circa il 70% di un modulo.

Il problema è duplice: da un lato, la contaminazione con silicio e polimeri rende il vetro meno puro; dall’altro, i volumi disponibili sono modesti se confrontati con quelli del riciclo tradizionale (in Italia ogni anno si riciclano 2,4 milioni di tonnellate di vetro, contro le 25-30 mila tonnellate provenienti dai pannelli). Questo squilibrio rende difficile integrare stabilmente il vetro fotovoltaico nelle filiere già operative.

Un ulteriore fronte aperto è il recupero dei materiali “nobili” come silicio e argento. Questi elementi hanno un valore economico alto, ma estrarli in forma pura è complesso e richiede processi avanzati che ancora faticano a raggiungere un equilibrio tra costi e benefici.

Le soluzioni tecniche non possono essere scollegate dal modo in cui i moduli vengono progettati. I pannelli di ultima generazione hanno strutture più complesse – ad esempio con doppio vetro o celle più sottili – che migliorano l’efficienza ma rendono più difficile il recupero dei materiali.

Qui entra in gioco l’ecodesign, cioè la progettazione orientata al fine vita. Prevedere sistemi di assemblaggio che permettano un più facile disassemblaggio potrebbe semplificare enormemente il lavoro degli impianti di riciclo. È un approccio che richiede collaborazione tra produttori, riciclatori e istituzioni, ma che può ridurre drasticamente i costi e gli impatti ambientali nel lungo periodo.

Oltre alla tecnologia, c’è un aspetto molto concreto: come raccogliere e trasportare i moduli a fine vita. Diversamente dagli elettrodomestici, i pannelli non si trovano concentrati nei centri urbani, ma sparsi in tetti di aree industriali e in impianti a terra in zone rurali. Questo significa che la logistica è più complessa e costosa: servono mezzi specializzati, personale formato e una pianificazione capace di raggiungere anche luoghi remoti. Senza un’organizzazione efficiente, il rischio è che i costi di trasporto annullino i benefici del riciclo.

Negli ultimi anni, l’attenzione istituzionale è cresciuta. Fondi nazionali ed europei, tra cui il PNRR, stanno sostenendo la creazione di impianti specifici per il trattamento dei moduli fotovoltaici. Parallelamente, consorzi e operatori stanno sperimentando nuove linee di riciclo. Ma la sfida non è solo tecnologica: serve un quadro regolatorio stabile, che favorisca la nascita di mercati per le materie prime seconde, incentivi l’innovazione e garantisca tracciabilità e trasparenza lungo tutta la filiera.

I moduli fotovoltaici a fine vita non possono essere visti come un problema, ma come un tassello essenziale della transizione ecologica. Recuperare in modo efficiente vetro, metalli e silicio significa ridurre lo sfruttamento di nuove risorse, contenere gli impatti ambientali e creare opportunità economiche e occupazionali.

IL CONSORZIO

Sun RAEE nasce come primo sistema collettivo interamente dedicato alla filiera dei RAEE fotovoltaici, fondato sull’esperienza concreta e la gestione ad oggi di migliaia di tonnellate di moduli, inverter e componenti derivanti da interventi di revamping. Frutto della collaborazione tra attori qualificati del settore fotovoltaico e dei rifiuti, garantisce una gestione centralizzata e conforme alla normativa ambientale. Tra i suoi punti di forza, il Trust ad hoc: uno strumento finanziario flessibile e sicuro, costruito su misura in base alle esigenze dei proprietari di impianti incentivati in Conto Energia, che tutela gli obblighi di trattamento dei moduli fotovoltaici secondo le direttive del GSE. Grazie alla società di servizi Re Open, questo modello innovativo assicura trasparenza, efficienza e specializzazione esclusiva nel settore fotovoltaico, offrendo al mercato un interlocutore affidabile per una gestione sostenibile e integrata dei RAEE fotovoltaici.