Rifiuti e banda larga: l’asimmetria dell’incertezza fra Sistri ed economia circolare
Nei giorni scorsi i media nazionali hanno parlato dei dati dell’Osservatorio internazionale EY. Tali dati hanno rilevato che a Bari il 90% delle 63 zone industriali è coperto dalla banda larga; nelle 38 zone di Barletta, Andria e Trani la copertura raggiunge il 97%. Seguono le 402 aree di Milano (75%), le 33 di Genova (73%) e le 194 di Monza e Brianza (69%). A parte queste “punte”, sono 1.700 le zone che ne sono prive. La fibra ottica, dal canto suo, è posseduta solo da 5.000 aree industriali su 11.000. In Italia, dunque, prosperano le aziende che, per lacune della rete cablata dagli operatori, non navigano velocemente neanche volendolo.
Nel “mobile” la copertura della popolazione in tecnologia 4G raggiunge ormai il 100% ma sul “fisso” occupiamo la 25ª posizione su 28 nella classifica europea Desi (Digital Economy and Society Index) del 2017.
Lì si legge che l’Italia, “pur migliorando rispetto al 2016 in termini di connettività, grazie all’accesso alle reti NGA, l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte delle imprese e la fornitura di servizi pubblici online è sotto la media europea. La diffusione della banda larga è ancora bassa, ma il fattore particolarmente critico è la mancanza o la scarsa presenza di competenze digitali: fattore di freno all’ulteriore sviluppo della sua economia digitale e della società”.
Il tutto mentre è in corso “Industria 4.0”, cioè il piano governativo che scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale, teso ad una produzione automatizzata e interconnessa che vede: utilizzo dei dati e loro analisi per ricavarne valore; interazione tra uomo e macchina e passaggio dal digitale al “reale” (come la stampa 3D e la robotica) per razionalizzare costi e ottimizzare prestazioni.
Un Paese, il nostro, che definire “ricco di contraddizioni” è poco. Infatti, le aziende soffrono la poca copertura proprio quando stanno investendo di più in tecnologia, grazie agli incentivi di Industria 4.0. Come si può implementare tecnologia se poi non c’è la banda ultra larga?
Un Paese, il nostro, che in questo vuoto cosmico di possibilità di comunicazione digitale delle imprese ancora favoleggia di Sistri e di chi lo gestirà, di sanzioni per chi non si iscrive e per chi non paga il contributo entro il 30 aprile.
Il tutto in nome della tracciabilità dei rifiuti: il mantra fascinoso dove si insediano gli ideali della mediocrità che, incapace di fare meglio, vagheggia della perfezione.
A metà strada fra inutile capriccio e campionario di stranezze il Sistri si pone come enfasi creativa di una fenomenologia del bene.
Nonostante la ruvidezza tecnologica e di linguaggio, però, il Sistri avrebbe potuto consentire il superamento del senso di frammentarietà applicativa almeno della disciplina sulla tracciabilità dei rifiuti. Neanche questo.
E così continua la natura “mutante” della gestione dei rifiuti che ripensa e capovolge basi giuridiche e saperi tecnici: una postura obliqua che aspetta una (impossibile) lieta novella dalle direttive sull’economia circolare.
Dinamiche infelici, forti dell’ampiezza sterminata delle asimmetrie dell’incertezza.