La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
Avrei necessità di comprendere se il produttore del rifiuto possa essere ritenuto responsabile (anche in concorso di colpa) della non completa compilazione di alcuni campi riservati al destinatario (ad esempio “Accettato per intero”, “accettato per la seguente quantità”) e nel caso specifico, se alla ricezione della IV copia incompleta/errata si debba procedere a denunciare il caso alla Autorità oppure attivarsi per ricostruire le cause dell’errore/omissione del destinatario e quindi, rispetto alla casistica delle risposte, stabilire quali modalità di comportamento adottare (raccolta delle eventuali corrispondenze ed archiviarle unitamente ai formulari oppure archiviare le eventuali denunce, ecc.).
I rifiuti prodotti dalla lavacassonetti, durante il lavaggio di cassonetti stradali dei rifiuti urbani, sono accompagnati da formulario con i riferimenti autorizzativi (iscrizione alla cat. 2-bis) della azienda che effettua tale servizio e relativo trasporto,con Cer 161002 (come anche chiarito da una circolare dell’Albo).
Considerando che il Dm 145/1998 prevede la compilazione dell’unità locale (di partenza del rifiuto) e che in tal caso non corrisponde di certo all’unità locale da cui parte la lavacassonetti,
è corretto riportare in tale campo la dicitura “territorio comunale di ….” specificando il comune in cui si effettua il servizio?
Nel caso si servano più comuni con lo servizio di lavaggio cassonetti, devono essere indicati tutti, oppure si indica il primo e nel campo annotazioni si specificano i comuni serviti successivamente?
In ogni caso tale formulario sarà sufficiente registrarlo nel registro di carico e scarico predisposto come trasportatore, ovviando in tal modo anche al luogo di produzione.
Sembra ormai pacifico, in conseguenza di una giurisprudenza consolidata, che i pallets (ed altri imballaggi potenzialmente riutilizzabili) bisognosi anche di una minima riparazione per essere riutilizzati debbano essere gestiti come rifiuti da imballaggio. C’è però tutto un mercato di operatori che sostengono di essere autorizzati alla riparazione e conseguente re-immissione sul mercato come beni. Ci sono ad esempio operatori in possesso dell’autorizzazione “Fitok”, rilasciata dal Ministero delle politiche agricole, che sembra autorizzare attività di riparazioni. Come si concilia, allora, la gestione del rifiuto con questi operatori? Si ritengono queste autorizzazioni compatibili con il concetto di recupero e riutilizzo dei pallets come beni e non più rifiuti?
Si chiede inoltre se sia lecita, in alternativa, la cessione ad uno di questi operatori con formula “conto riparazione” e la successiva vendita allo stesso soggetto dei pallets riparati e quindi diventati ormai beni/imballaggi riutilizzabili.
Nel caso in cui un trasportatore acquisti a titolo gratuito i rifiuti (Cer 150104 – Imballaggi metallici), comunque trasportati a titolo oneroso e li venda poi al destinatario/recuperatore, quali sono le annotazioni da effettuare sul registro ad opera del produttore, del destinatario e del trasportatore?
È corretto annotare nulla nella quarta colonna del registro (Mod. A)? Se fosse obbligatorio annotare i dati del trasportatore/commerciante nella quarta colonna del registro, quale sarebbe la ratio di un tale obbligo?
Non essendoci alcun obbligo di iscrizione alla categoria 8 dell’Albo nazionale Gestori ambientali per il trasportatore/commerciante con detenzione, quale iscrizione andrebbe annotata? Quella relativa al trasporto?
Rifiuti derivanti dalle operazioni di trattamento di rifiuti e in particolare le diverse visioni (tradotte negli atti autorizzativi) che le differenti Province applicano a questi specifici flussi di rifiuti.
In sostanza, gli accumuli (prima di essere allontanati verso le successive operazioni di gestione svolte presso terzi) dei rifiuti decadenti dalle operazioni di trattamento svolte sui rifiuti sono, secondo la visione di alcune Province, ascrivibili ad operazioni di stoccaggio R13 e/o D15. Alcune autorizzazioni elencano quindi i Cer attribuiti ai rifiuti decadenti dalle operazioni primarie di trattamento, definendo, per ognuno di questi rifiuti il Cer (19.nn.nn), R13 o D15 e quantificando, per ogni area di stoccaggio e per ogni singolo rifiuto, i limiti massimi in stoccaggio (con le relative garanzie finanziarie da prestare).
A fronte di questa visione, che comporta una gestione molto “ingessata” dell’attività dell’impianto e la necessità di ampie zone di stoccaggio si vedono diverse Province adottare un approccio differente, che le porta a ricondurre questi accumuli di rifiuti decadenti dalle attività primarie di trattamento al deposito temporaneo, invece che allo stoccaggio. Questo approccio lascia una maggiore flessibilità.
Si chiede, quindi, se esista qualche norma o pronunciamento che permetta di discriminare, tra i due diversi approcci interpretativi, quale debba essere legittimamente applicabile e, comunque (anche in assenza di indirizzi certi) se ci possa essere (e, nel caso, quale potrebbe essere) lo strumento per “pretendere” una maggiore uniformità nei provvedimenti autorizzativi.
L’autorizzazione ordinaria ai sensi dell’articolo 208, Dlgs 152/2006 di un impianto di recupero di rottami metallici, emessa prima del regolamento EoW applicabile, di fatto richiama i criteri di accettabilità dei rifiuti in ingresso di cui al Dm 5 febbraio 1998.
In termini puntuali, tali criteri differiscono da quelli del regolamento EoW di categoria applicabile (es. secondo l’autorizzazione in essere, i rifiuti in ingresso all’impianto di recupero dei rottami metallici devono avere un contenuto in peso di oli inferiore al 10%, mentre il Regolamento EoW n. 333/2011 non impone limiti a tale riguardo ma solo la necessità di un controllo visivo dell’assenza di olii o vernici).
Il gestore dell’impianto ha contatto informalmente l’Autorità competente per verificare la necessità di adeguamento dell’autorizzazione ai nuovi criteri del regolamento EoW.
L’Autorità ha risposto (verbalmente) che non è necessario presentare alcuna istanza di aggiornamento dell’autorizzazione in quanto i criteri e le prescrizioni contenute nel titolo autorizzativo in essere risultano automaticamente superati dai criteri dal Regolamento 333/2011. Si chiede se è lecito considerare direttamente applicabili i criteri del regolamento EoW anche ove formalmente in contrasto con i criteri Dm 5 febbraio 1998 richiamati in un titolo autorizzativo rilasciato in via ordinaria?
È richiesto l’aggiornamento dell’autorizzazione a seguito dell’entrata in vigore di un regolamento europeo in tema di EoW?
In attesa di eventuale aggiornamento dell’autorizzazione, quali criteri di accettabilità dei rottami metallici in impianto devono essere rispettati?
Vorrei delle lucidazioni in ordine alla deliberazione del 30 maggio 2017 n. 6 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. L’articolo 2, comma 5, di tale delibera Albo stabilisce che “è dispensato dalle verifiche il legale rappresentante dell’impresa che abbia ricoperto e ricopra contemporaneamente anche il ruolo di responsabile tecnico e che, al momento della domanda, abbia maturato esperienza nel settore di attività oggetto dell’iscrizione per almeno venti anni”.
È dispensato dalle verifiche il soggetto che riveste il ruolo di legale rappresentante e di responsabile tecnico dal 2010 e che ha maturato più di 20 anni di esperienza all’interno dell’azienda?
Nuova attività di autodemolizione non è chiaro se vige l’obbligo di sottoporre la stessa a verifica di assoggettabilità alla Via. Infatti, non è chiaro se l’attività di autodemolizione rientra tra quelle di cui all’allegato IV alla parte II, Dlgs 152/2006 al punto 7 z.a) “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” oppure al punto 8 c) “Centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro”. Ipotizzando un’attività di autodemolizione (che non effettua alcun tipo di frantumazione/pressatura) ma vende parti di ricambio, a Vs avviso essa effettua attività R4 sul Cer 160104*? Ed è possibile la promiscuità tra un centro di autodemolizione ed un impianto di trattamento rifiuti oppure è obbligatorio realizzare una separazione fisica dei due siti? Ed il procedimento autorizzativo può essere unico ai sensi dell’art. 208? La domanda nasce da diverse interpretazioni tra Provincie e Regioni diverse.
Laboratorio analisi di un ospedale dotato di apparecchiatura che, per effettuare analisi chimiche, utilizza alcune taniche da 10 litri di sostanze chimiche (es. xilolo, formaldeide ecc). L’analizzatore, tramite apposita pompetta, utilizza il reattivo necessario per effettuare in automatico l’analisi. Quando il livello di liquido è troppo basso e la pompetta non riesce più a “pescare”, la tanica di reattivo va cambiata.
Le taniche da sostituire presentano comunque sempre un residuo di 4-5 centimetri; non è possibile, quindi, considerarle “imballaggi vuoti” (escludendo quindi una gestione con Cer 150110*).Si chiede: quale CER è più corretto attribuire al rifiuto liquido avanzato nella tanica? Si pensa a 180106* sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose (Cer che si attribuisce anche al rifiuto liquido prodotto dalla macchina) oppure a 160506* sostanze chimiche di laboratorio contenenti o costituite da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di laboratorio. Quali dei due è preferibile utilizzare legittimamente?
Autorizzazioni per gestione e trattamento dei rifiuti, rilasciati ai sensi del Dlgs 152/2006, sui quali non si riscontra uniformità di valutazione in ambito nazionale.
Nello specifico si chiede di conoscere se le seguenti operazioni di recupero:
– produzione di Combustibile solido secondario, ottenuto dal trattamento fisico-meccanico dei rifiuti solidi urbani (Cer 200301), oppure dal trattamento fisico-meccanico del sovvallo del trattamento degli Rsu (Cer 191212),
– recupero di materiale plastico per la produzione di prodotti commercializzabili, ottenuto dal trattamento fisico-meccanico del sovvallo del trattamento degli Rsu (Cer 191212),
siano da identificare, ai sensi dell’allegato C alla parte IV del Dlgs 152/2006, come attività R3 o R5.
Da alcune parti si sostiene che il Cer corretto per le batterie al Litio è “160605 altre batterie e accumulatori” (non pericoloso). Poiché il loro trasporto è soggetto alla norma ADR (classe 9) poiché in caso di surriscaldamento potrebbero esplodere, ci si chiede se non sia opportuno assegnare cautelativamente un Cer pericoloso. Ai Raee che contengono batterie al litio (es cellulari, stabilizzatori, ecc.) solitamente assegnano il Cer “160213* apparecchiature fuori uso, contenenti componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci da 160209 a 160212”. Si chiede: non sarebbe quindi più corretto assegnare alle batterie al litio il Cer “160215* componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso”?