Sistri e registro elettronico nazionale: così diversi e così simili

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È morto il Re, lunga vita al Re! Questa frase tradizionale usata per annunciare la morte del sovrano e, al contempo, assicurare il suo successore al trono, sembra ambivalente e contraddittoria. Ma non è così. Consente la continuità tra passato e futuro. Finisce un’epoca e ne comincia un’altra.

Sulla tracciabilità dei rifiuti possiamo dire lo stesso: il Sistri è morto, lunga vita al nuovo Registro elettronico. Ci ha pensato l’articolo 6, Dl 135/2018 (legge 12/2019) che dal 1° gennaio 2019 ha decretato la morte del Sistri e dal 13 febbraio 2019 ha certificato la nascita del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti. Cambia il nome ma (forse) non la sostanza. Se tutto ci sarà restituito (forse) con un altro acronimo, sarà quasi peggiore del precedente: Rentr. Al limite della pronunciabilità, a meno che non si contragga in un Ren.

Ma quello che conterà sarà non essere al limite della praticabilità (come è già successo). Per il momento due cose sono certe: i) si pagheranno un “diritto di segreteria e un contributo annuale” (come il Sistri); ii) la violazione dell’obbligo di iscrizione, il mancato o parziale versamento del contributo e le violazioni degli obblighi di funzionamento del sistema saranno puniti con sanzioni amministrative pecuniarie.

Regole e sanzioni, però, saranno tutte decise da un futuro regolamento (Dm Ambiente di concerto con Economia e sentiti Sviluppo economico, Pubblica amministrazione e Infrastrutture) “secondo criteri di gradualità per la progressiva partecipazione di tutti gli operatori”. Quindi, sembra proprio che non scappi più nessuno. Il Registro sarà per: “enti e imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti; produttori di rifiuti pericolosi e gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi, i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché, con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, Dlgs 152/2006”. Ancora una volta, la confusione per la individuazione dei soggetti obbligati alla tracciabilità è massima. Dopo 20 anni ancora, su un tema nodale per la gestione dei rifiuti, si individuano gli obbligati operando di rinvio; per giunta ad un articolo che non ha mai brillato per chiarezza. Ma è così difficile scrivere chiaramente? Nell’attesa del nuovo decreto relativo al nuovo Registro nazionale e “fino al termine di piena operatività” dello stesso (quante volte abbiamo sentito questa locuzione per il Sistri?), la tracciabilità dei rifiuti è garantita mediante registro, formulario e Mud di cui ai vecchi articoli 188, 189, 190 e 193, Dlgs 152/2006, ma sempre nel testo previsto al Dlgs 205/2010. E le sanzioni sono quelle di cui al “vecchio” articolo 258. No, non è uno scherzo e ancora una volta, niente è più definitivo del provvisorio, mentre ripercorriamo tracciati nuovi sempre troppo uguali ai vicoli ciechi di percorsi nati arresi.

Una vitalità nuova, però, forse c’è: la gestione affidata al Minambiente. Guadagni e perdite da conteggiare con cura, per tentare di pareggiarli il meno infelicemente possibile e con un unico obiettivo: praticabilità semplice da parte delle imprese e trasmissione asincrona dei dati. Vedremo.

Il Sistri è stato un monumento alla banalità e all’inerzia, un blaterante sistema contro la criminalità che, invece, avrebbe avuto bisogno di ben altre forze in campo. Fino a quando non si riuscirà a disciplinare con poche, ma ferree, regole la gestione dei rifiuti, la criminalità avrà gioco facile.

Questo, però, non deve stupire. I rifiuti sono la faccia oscura della produzione e la sua malattia. Quindi, risentono della stessa indeterminatezza di un mondo dove tutto può succedere e tutto si può fare, ma niente può essere fatto una volta per tutte. I punti fermi e affidabili sono sempre di meno e ostacolare chi prova a osservare le (infinite) regole sembra l’unico rigido e robusto canovaccio sul quale tessere la trama del proprio tracciato esistenziale. Questo perché, venendo meno la contrapposizione tra realtà e simulazione, si attenuano anche le differenze tra norma e anomalia, quindi tra quello che è conforme alle aspettative e l’imprevisto, tra il noto e l’ignoto. E così tutto si sussume in un gigantesco “no”. Un mondo senza coerenza, che la ritrova solo per impedire cambiamenti coerenti.