La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
Un impianto autorizzato al recupero di rifiuti metallici non pericolosi ha un parco automezzi ed è autorizzato con licenze di trasporto merci in conto proprio ed è iscritto all’Albo gestori nella categoria 4; allo stato attuale trasporta rifiuti prodotti da terzi con destinazione il proprio impianto oppure rifiuti decadenti dalla propria attività per consegna degli stessi ad impianti terzi autorizzati.
La ditta vorrebbe ampliare la propria attività commerciale aggiungendo anche il trasporto conto terzi dei rifiuti, come vettore puro, riservandosi comunque la possibilità di continuare il trasporto in conto proprio come sopra descritto; secondo la sentenza della cassazione n. 13725/2012 se la ditta si dotasse della licenza conto terzi, che supera il conto proprio, teoricamente potrebbe effettuare entrambe i servizi oppure la lettura della sentenza va intesa come trasporto occasionale e non continuativo di merci in conto proprio effettuato dalla ditta con licenza in conto terzi?
Un’impresa attualmente produce rifiuti non pericolosi derivanti dalla scarifica del manto stradale (Cer 170302) trasportandoli e conferendoli a proprio impianto di recupero autorizzato. Il trasporto avviene in forza di iscrizione alla categoria 2-bis dell’Albo nazionale Gestori ambientali. I relativi formulari rifiuti risultano essere compilati interamente ai riquadri 1 e 2 mentre il riquadro 3, riservato al trasportatore, non viene compilato ad eccezione del luogo di produzione del rifiuto. Viene pertanto omessa l’indicazione della ragione sociale, l’indirizzo, il codice fiscale e l’autorizzazione che legittima il trasporto. Tale prassi viene giustificata adducendo quanto riportato dalla Circolare ministeriale Ambiente/Industria 4 agosto 1998 punto 1) lettera r). Considerato che a far data dalla vigenza del Dlgs 152/2006 anche il trasporto dei rifiuti effettuato dal produttore è soggetto ad iscrizione ex articolo 212, comma 8, si chiede se appaia corretta la compilazione del formulario priva dei dati di cui al riquadro 3.
La sentenza C. Cost. n. 75/2017 che ha dichiarato illegittima la norma del Dlgs 152/2006 che sottrae ad autorizzazione la miscelazione di rifiuti pericolosi aventi le stesse caratteristiche di pericolo e quella tra rifiuti non pericolosi ha riflessi pratici solo sugli smaltitori oppure anche sui produttori di rifiuti speciali? In questa seconda ipotesi ci si vede costretti a separare e smaltire ogni singolo refluo con un suo proprio percorso a fronte invece di una miscelazione in cisterna di reflui non pericolosi di apparecchiature di Laboratorio effettuata previa analisi chimica delle singole tipologie, come fatto finora.
Una società A che in qualità di committente firma un contratto di manutenzione con annessa produzione di rifiuti verso la società B in qualità di appaltatrice.
La società B incarica la società C (con un subappalto) di eseguire l’attività di manutenzione (nello specifico, aspirazione di rifiuti liquidi da pozzetti) figurando come produttore materiale, e di trasportare il rifiuto prodotto in idoneo impianto.
La società B, regolarmente iscritta in categoria 8 dell’Albo nazionale Gestori ambientali, figura nella gestione come intermediario senza detenzione.
Rientra nelle responsabilità della società B anche l’adempimento degli obblighi in capo al produttore giuridico?
Si chiede se un impianto di compostaggio che opera in procedurasemplificata ai sensi dell’articolo 216, Dlgs 152/2006 può ritirare e avviare a recupero (R3) per la produzione di ammendanti i rifiuticostituiti da fanghi di cartiera Cer 030309, 030310, 030311 di cui alla lettera j) del punto 16.1 dell’allegato 1, suballegato 1, Dm 5 febbraio 1998 Si formula il quesito in quanto all’allegato 4, Dm 5 febbraio 1998, che stabilisce i quantitativi massimi di rifiuti che possono essere avviati a recupero in impianti operanti in procedura semplificata, per i fanghi di cartiera suindicati non è stato previsto alcun quantitativo massimo ammesso al recupero mediante compostaggio (R3) ma è stato indicato solamente il quantitativo massimo ammesso per la sola attività di messa in riserva (R13).
Società di progettazione e consulenza ambientale e siamo configurati come produttori dei rifiuti per alcune attività all’interno di diversi cantieri di bonifica. Si chiede se è necessario portare in cantiere, in occasione di ogni campionamento, tutta la documentazione cartacea di gestione rifiuti del sito al fine di mostrarla in caso di verifica da parte degli enti di controllo, oppure se è sufficiente mostrare i documenti a livello informatico che per noi è molto più pratico in considerazione dello scarso presidio dei siti e della nostra presenza saltuaria in cantiere.
In riferimento al CER 200301 rifiuti indifferenziati, provenienti nello specifico dalla raccolta presso sedime aeroportuale (dove avviene comunque la raccolta differenziata “porta a porta”), si chiede se vi siano normative che limitino la percentuale di organico presente all’interno dei rifiuti indifferenziati, specificando inoltre che la destinazione di tal rifiuto, sono impianti di recupero autorizzati in R13.
Si prega di specificare infine eventualmente tale percentuale tollerata.
Azienda che costruisce macchine per il riciclaggio e il recupero di varie tipologie di materiali e rifiuti (es. cavi elettrici, schede elettroniche, ecc.): in fase di test prevendita, al fine di dimostrare l’efficacia delle attrezzatture al potenziale acquirente, vengono utilizzati materiali forniti dallo stesso. Tali materiali possono provenire anche da centri di recupero e al momento sono accompagnati da un documento di trasporto, con la dicitura “materiale in conto lavorazione”. Al termine del collaudo i materiali ottenuti sono restituiti al potenziale acquirente. Ci si domanda quindi, se tale modalità di gestione sia coerente con la vigente normativa o se i materiali non debbano essere considerati come rifiuti e gestiti come tali (ad esempio emissione di FIR da parte del conferente). Inoltre se l’azienda debba richiedere anche l’autorizzazione al recupero/trattamento di rifiuti in forma ordinaria o semplificata.
Consapevoli che le norme sui Sottoprodotti di origine animale (Soa) (Regolamento Ce 1069/2009) e sui rifiuti (Dlgs 152/2006) non hanno carattere di specialità bensì di concorrenzialità, si chiede: un impianto che produce prodotti a base di latte e uova (es. gelati o formaggi), quando pulisce i propri macchinari ad inizio e fine lavorazione ottiene del materiale di risulta (a base di latte e uova) che non è più idoneo per il consumo umano e non è idoneo a produrre mangimi per animali. Detto materiale è risultato invece ottimo per l’alimentazione di impianti di biogas. Stando all’articolo 185 comma 2 lettera b), Dlgs 152/2006 sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte IV del Dlgs 152/2006 i Soa eccetto quelli destinati ad incenerimento, a discarica, ad impianto di produzione di biogas o di compostaggio. Si desume che i prodotti a base di latte e uova (Soa di categoria 3) se vanno smaltiti ad un impianto di biogas rimangono soggetti alla parte IV del Dlgs 152/2006 e quindi sono anche rifiuti (stando al principio di concorrenzialità sopra indicato).
Mi chiedo pertanto se l’impianto di biogas ai quali destinare i materiali a base di latte e uova in oggetto debba essere autorizzato sia ai sensi della normativa rifiuti (quale impianto di gestione rifiuti) sia ai sensi della normativa sanitaria sui Soa (riconoscimento e/o registrazione) ovvero sia soggetto al duplice sistema autorizzativo.
Un privato che abbandona un veicolo a motore appartenente alla categoria M1 o N1 o comunque lo detiene in condizioni tali da poter essere definito fuori uso, commette un abbandono di rifiuti ai sensi del Dlgs 152/2006 sanzionato dall’articolo 255, oppure viola l’articolo 5, comma 1, Dlgs 209/2003 sanzionato dall’articolo 13, comma 2, per non averlo consegnato quando era il momento ad un centro di raccolta?
Un impianto di trattamento rifiuti speciali ha ottenuto il rinnovo dell’AIA da parte della Regione di competenza, ha adempito a tutte le prescrizioni contenute nella stessa per l’avvio delle attività, l’iter procedurale si è bloccato alla presentazioni delle fideiussioni in quanto la Regione non accetta la riduzione dell’ammontare delle garanzie del 40% dovuto, ai sensi del Dm 26 maggio 2016, in quanto l’impianto è in possesso di certificazione ISO 14001.
Si chiede se la posizione della Regione può essere legittima e come si deve comportare l’azienda per sbloccare l’iter procedurale e poter iniziare le attività.
Un’installazione autorizzata al trattamento di rifiuti (Aia regionale) presenta comunicazione ex articolo 29-nonies, Dlgs 152/2006.
Risponde con apposito provvedimento l’Amministrazione regionale dichiarando espressamente di non accogliere talune modifiche ed altre di accoglierle solo parzialmente, benché tutte non sostanziali. È legittimo tale comportamento della P.A.?
Può l’Autorità, a seguito della comunicazione ex articolo 29-nonies, vietare/bloccare le modifiche comunicate (anche se non sostanziali)?
Occorre provvedere alla gestione (distruzione) dei supporti delle vecchie Carte d’Identità Elettroniche in giacenza presso gli uffici comunali. Fermo restando le Circolari del Ministero dell’Interno in materia, qual è il CER da attribuire? Quale risulta il sistema di trattamento più efficace ed a quale costo?
Spesso la giurisprudenza in materia ambientale condanna esempi di cattiva gestione dei rifiuti con “depotenziamento” di un rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso per trarne guadagni dai minori costi di gestione, ma esiste anche l’altro estremo? Ovvero la condanna dell’eccesso di prudenza classificando un rifiuto come pericoloso (finalizzato a possibili guadagni illeciti) scaricando i maggiori oneri di gestione sulla collettività, penso ad esempio ad un rifiuto con codice a specchio su cui non si è proceduto a fare una caratterizzazione analitica. C’è qualche sentenza o riferimento normativo che afferma questo principio?
Un impianto di recupero di rifiuti metallici italiano cede ad un impianto di recupero rifiuti di un paese comunitario confinante dei rifiuti metallici non pericolosi, ricadenti in lista verde. Il trasporto di tali rifiuti è svolto ad opera di vettori terzi stranieri, ed è accompagnato dall’allegato VII ai sensi dell’articolo 18 del reg. 1013/2006/CE. I vettori risultano essersi iscritti alla categoria 6 dell’Albo Gestori Ambientali italiano solo a partire dagli ultimi mesi del 2017, nonostante effettuassero i trasporti sopra illustrati fin dal novembre del 2016. Per tale periodo di scopertura i trasportatori stranieri risponderanno del trasporto in mancanza di iscrizione di cui all’articolo 256, comma 1, lettera a), Dlgs 152/2006 o delle spedizioni illegali di cui al successivo articolo 259?”