La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
Con riferimento all’articolo 183 comma 1, lettera bb), Dlgs 152/2006 si chiede se al raggiungimento della soglia complessiva di 30 m3 di rifiuti di cui massimo 10 m3 di pericolosi, concorrano anche i rifiuti assimilabili agli urbani presenti all’interno del deposito temporaneo.
Tali rifiuti vengono raccolti dal gestore del servizio pubblico senza nessuna emissione di formulario.
Gli artigiani con meno di 10 dipendenti devono detenere o no il registro di carico e scarico? Io credo di no. Ma le opinioni altrui mi confondono al momento.
Impianto di trattamento/recupero Raee autorizzato ex articolo 208, Dlgs 152/2006. A seguito di recenti fatti di cronaca e del noto problema del mercato parallelo dei Raee, ci si è posti il problema dei rifiuti che possono nascondere “zone d’ombra” non rilevabili direttamente (es. se c’è malafede dei soggetti interpellati), malgrado tutta la documentazione richiesta sia in regola e tutti i soggetti coinvolti abbiano le autorizzazioni per poterlo fare.
Si pensi a un impianto che riceve componenti di apparecchiature elettroniche di provenienza dubbia poiché non conosce il produttore o il trasportatore. Costui conferisce le medesime utilizzando nel formulario un produttore a insaputa del produttore medesimo.
Si chiede di sapere a quali i rischi ci si espone e quali accortezze e strumenti potremmo adottare per evitare situazioni di illegalità che ci vedrebbero inconsapevolmente coinvolti.
È possibile effettuare un trasporto rifiuti utilizzando due mezzi (trattore e semirimorchio) di due ditte distinte entrambe iscritte all’Albo? La cosa è possibile farla tra due conti terzi per il trasporto merci. Per deduzione dovrebbe essere possibile anche per i rifiuti. Ho molti dubbi al riguardo; cosa succederebbe con il formulario, il registro e il Sistri?
Un’azienda intermedia un trasporto di rifiuti pericolosi, soggetti a notifica, dove produttore, trasportatore e destinatario sono soggetti esteri.
Nessuno di questi tre soggetti è iscritto a Sistri, poiché dotati di partita Iva estera, casistica ad oggi non contemplata o gestita dal Sistri.
Il produttore, tuttavia ha un domicilio fiscale in Italia, dove non ha attività produttiva ma solo un deposito di proprio materiale presso una logistica.
Si chiede: l’azienda presso la quale il produttore estero ha eletto domicilio fiscale è un obbligato all’iscrizione a Sistri?
Produttori di rifiuti pericolosi iscritti Sistri e regolare versamento dei contribuiti annuali. In merito alle registrazioni tramite Sistri, tuttavia, si sono create le seguenti incongruenze, a causa di problemi legati all’inserimento dati a sistema:
– non sempre è stato possibile inserire le opportune registrazioni (movimentazioni e schede)
– risultano inoltre presenti diverse schede Sistri inserite direttamente dal trasportatore, di cui non abbiamo effettuato però le corrispondenti movimentazioni Sistri di carico e scarico. Tali schede non sono quindi “legate” a nostre movimentazioni.
Si sottolinea che, ovviamente, questo non riguarda tutte le registrazioni cartacee (carico, scarico, formulari) correttamente effettuate e gestite come richiesto dal Dlgs 152/2006. Ora come è meglio procedere?
Una ditta di recupero rifiuti metallici ha presentato richiesta di rinnovo autorizzazione in procedura semplificata (Aua) in data 29 settembre 2015. Il 29 dicembre 2015 è scaduta la sua iscrizione nel registro delle imprese. Dopo aver esaminato la pratica, ci si accorgeva che la ditta era sprovvista dell’autorizzazione allo scarico dei servizi igienici che scaricano in pubblica fognatura. Si ritiene che tale elemento sia necessario per l’emanazione del provvedimento finale Aua e la ditta è disponibile a presentare al Comune richiesta di autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura. Che fare?
Come comportarsi in caso di rifiuti urbani e speciali rappresentati da Raee e imballaggi in cartone, plastica, vetro e misti?
È necessario fare un’analisi per chiarire, essendo voci a specchio?
E cosa pensate in ordine al Cer 170405? È un codice specchio rispetto al Cer 170409*? In caso contrario si chiede: è corretto sostenere che i codici a specchio sono solo quelli che contengono nella descrizione le parole “diverso da…”?
Il Dm 24 giugno 2015 che modifica il Dm 27 settembre 2010, al punto 1 “metodo di campionamento e analisi del rifiuto urbano biodegradabile” dell’Allegato 3 elimina la frase riferita, ai sensi della Direttiva 1999/31/Ce, ad alcuni rifiuti urbani biodegradabili (alimenti, rifiuti di giardini, carta e cartone, pannolini e assorbenti). Quindi, allo stato attuale, non ci sono specifiche sulla tipologia di rifiuti urbani classificabili biodegradabili. L’unico riferimento in essere rimane la suddetta Direttiva che, all’articolo 2, lettera m), definisce il rifiuto biodegradabile “qualsiasi rifiuto soggetto a decomposizione aerobica o anaerobica, come alimenti, rifiuti dei giardini, carta e cartone”. Che fine fanno allora i pannolini e gli assorbenti?
Il Dm 24 giugno 2015 ha modificato il comma 4 dell’articolo 6, Dm 27 settembre 2010 indicando che “(…) nelle discariche per rifiuti non pericolosi sono, altresì, smaltiti rifiuti pericolosi stabili non reattivi (cioè rifiuti che, sottoposti a trattamento preliminare, ad esempio di solidificazione/stabilizzazione, vetrificazione, presentano un comportamento alla lisciviazione che non subisca alterazioni negative nel lungo periodo nelle condizioni di collocazione in discarica)” ed ha definito quali sono le prove cui sottoporre i rifiuti pericolosi per essere accettati in discariche per rifiuti non pericolosi per definirne la stabilità fisica e chimica del rifiuto. Alla luce di questo nuovo decreto e considerato che i contenuti dell’articolo 7, comma 1, lettera b), Dlgs 36/2003, un rifiuto classificato con Cer 170503* per il quale sia dimostrata rispondenza a tutti i criteri di cui al suddetto comma 4, Dm 27 settembre 2010 dalla lettera a) a d-ter), può essere smaltito in una discarica per rifiuti non pericolosi o, anche se non necessario, deve comunque subire un trattamento preliminare?
Con riferimento al Dm 24 giugno 2015 che ha modificato il Dm 27 settembre 2010, come si verifica la stabilità e non reattività di un rifiuto?
Nel Dm 27 settembre 2010, come modificato dal Dm 24 giugno 2015, al punto d-bis) dell’articolo 6, comma 4, si legge che i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi per accedere a discarica per non pericolosi sono “sottoposti a idonee prove geotecniche dimostrano adeguata stabilità fisica e capacità di carico (…)”.
Le prove geotecniche dovrebbero a questo punto essere eseguite e concluse con relazione o giudizio circa l’adeguata stabilità o meno del rifiuto, ma tali prove dovrebbero essere riferite al comportamento del rifiuto nella discarica e ai possibili carichi cui potrebbe essere sottoposto all’interno della discarica stessa? Come è possibile fare tali verifiche dal momento che si sta verificando la sua possibile smaltibilità?
Nel Dm 27 settembre 2010, come modificato dal Dm 24 giugno 2015, al punto d-ter) dell’articolo 6, comma 4, si legge che i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi per accedere a discarica per non pericolosi sono “sono sottoposti alla valutazione della capacità di neutralizzazione degli acidi…”. Il dubbio è, a diversi pH i risultati dei parametri ricercati vanno rapportati ai limiti della Tabella 5a? Oppure basta la sola esecuzione delle prove, dato che non ci sono limiti?