La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
Con l’articolo 20, legge 37/2019 sono state introdotte modifiche alle esclusioni previste dall’articolo 185, Dlgs 152/2006 con riferimento a sfalci e potature.
Nel caso di rifiuto proveniente da attività di manutenzione del verde pubblico, perché non rientrante nei criteri di esclusione, la ditta a cui viene affidato il servizio, che conferisce ad un centro di raccolta comunale, è obbligata alla iscrizione nella categoria 2-bis dell’Albo Gestori Ambientali e l’utilizzo del relativo formulario oppure, al riguardo, questo obbligo viene meno come da circolare n. 4403 del 23 giugno 1999 prodotta dal relativo Comitato Nazionale?
Se a seguito di una miscelazione autorizzata di rifiuti l’impianto produce un “nuovo rifiuto”, può l’impianto, in qualità di “nuovo produttore”, deciderne il destino svincolandolo dalla casuale di miscelazione? Ad esempio: da una miscelazione di rifiuti in D13, può essere generato un nuovo rifiuto (tipo 191211 giusto per citarne uno) che l’impianto caricherà poi in stoccaggio in R13 per un successivo R1?
In alcune piccole parti di una scheda elettronica (rifiuto) sono concentrate sostanze preziose tra cui oro. Laboratori orafi richiedono ad impianti di trattamento rifiuti solo alcune parti selezionate di una generica scheda elettronica per utilizzare questi frammenti come materia prima da cui estrarre oro nei loro cicli produttivi. I frammenti di scheda elettronica sono ceduti dietro pagamento di un corrispettivo. Gli impianti possono realizzare operazioni di cernita e separazione delle schede elettroniche che entrano come rifiuto, ottenendo così i piccoli frammenti richiesti dal mercato orafo (non si tratta di triturazione ma di separazione anche con strumenti meccanici come cesoie). Questi frammenti – che verranno utilizzati come materia prima e la cui cessione è onerosa per il cliente – continuano ad essere rifiuto oppure no?
La ditta A produce rifiuti (imballaggi misti) e la ditta B li preleva per portarli presso il proprio impianto di gestione rifiuti (autorizzato in Aia): sul formulario viene indicato che il rifiuto è sottoposto a R13 presso tale impianto della ditta B.
La ditta B, a sua volta, prende tale rifiuto per condurlo, alternativamente, verso tre differenti impianti: gli impianti 1 e 2 sono autorizzati a svolgere una qualsiasi operazione da R1 a R12 oltre a R13, l’impianto 3 è autorizzato solo per l’operazione R13.
Sul formulario per il trasporto dall’impianto della ditta B, agli impianti 1, 2 e 3 viene indicato che il rifiuto verrà sottoposto a R13.
L’Aia dell’impianto B contiene la seguente prescrizione: “I rifiuti non pericolosi posti in messa in riserva (R13) dovranno essere sottoposti alle operazioni di recupero presso il proprio sito o destinati ad impianti di recupero di terzi entro massimo sei mesi dalla data di accettazione degli stessi nell’impianto; in tal senso i rifiuti recuperati ai sensi del Reg. Ue n. 333/2011 devono essere ceduti ad altro detentore (vendita) entro un massino di sei mesi dalla data di accettazione degli stessi nell’impianto”.
Si chiede se sono legittimi i trasferimenti dall’impianto B agli impianti 1, 2 e 3 (soprattutto il 3).
Ai sensi del Dm 5 febbraio 1998, per i rifiuti di cui alla tipologia 9.1 “scarti di legno e sughero, imballaggi in legno” è prevista l’attività di recupero 9.1.3 “messa in riserva di rifiuti di legno [R13] con lavaggio eventuale, cernita, adeguamento volumetrico o cippatura per sottoporli alle seguenti operazioni di recupero [R3]: …”. Si chiede di sapere se le attività di “cernita ed adeguamento volumetrico o cippatura” siano indispensabili ai fini della configurazione dell’attività di messa in riserva R13 o se sia possibile condurre, in regime semplificato ai sensi degli articoli 214 e 216, Dlgs 152/2006, una “messa in riserva R13” del rifiuto consistente nel semplice stoccaggio in attesa del conferimento ad altro impianto autorizzato in R3.
Secondo l’articolo 184-bis, Dlgs 152/2006 vengono definiti “sottoprodotti” le sostanze o gli oggetti che soddisfano una serie di requisiti e tra questi la “certezza dell’utilizzo”. Si chiede se tale “certezza dell’utilizzo” sia soddisfatta dalla seguente affermazione:
– la quantità di residuo/sfrido di lavorazione prodotta “in modo continuo”, in un ciclo produttivo industriale, rispondente alla qualifica di “sottoprodotto” di cui all’articolo 184-bis, Dlgs 152/2006 e Dm 264/2016, possa essere impiegato in modo discontinuo presso l’utilizzatore finale, ovvero di trattarlo come sottoprodotto in base alle richieste dell’utilizzatore finale, cioè in modo da non garantire necessariamente la continuità del conferimento dello stesso, ma che il produttore iniziale, in caso di mancanza di richiesta da parte dell’utilizzatore finale possa continuare a gestire detto residuo/sfrido come rifiuto. Inoltre si chiede l’ “effettivo utilizzo” da parte dell’ “utilizzatore finale” sia soddisfatto dalla seguente affermazione:
– Il Dm 264/2016 prevede l’esistenza dei “requisiti costitutivi”, cioè di documentazione comprovante il rapporto o impegno contrattuale tra produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori. La predetta documentazione è il requisito fondamentale di certezza dell’utilizzo e l’intenzione di non disfarsi del residuo. In mancanza della predetta “documentazione contrattuale”, il requisito dell’ “effettivo utilizzo” sarà dimostrato mediante la predisposizione di una scheda tecnica contenente le informazioni riportate in allegato 2 al Dm, necessarie a consentire l’identificazione dei sottoprodotti dei quali è previsto l’impiego e l’individuazione delle caratteristiche tecniche degli stessi, “nonché esclusivamente” il “settore di attività” o della “tipologia di impianti idonei ad utilizzarli”. Non è richiesta l’individuazione puntuale della ragione sociale e indirizzo dell’utilizzatore finale.
Se si riscontrassero dei superamenti delle CSC delle acque sotterranee (Tabella 2 Allegato 5, Titolo V, Parte quarta, Dlgs 152/2006) sia sul campione filtrato che sul campione tal quale, si è tenuti a inoltrare la comunicazione agli enti (in questo caso ai sensi del comma 2 dell’articolo 245, Dlgs 152/2006) segnalando entrambi i superamenti oppure è sufficiente fare riferimento ai soli esiti relativi al filtrato?
Corretta etichettatura dei rifiuti. In un reparto di uno stabilimento, si producono quattro fusti di 15.02.02* HP13 (non soggetto ad ADR), i quali sono politenati su un bancale e portati al deposito temporaneo nell’area apposita e identificata con cartellonistica riportante Eer 15.02.02 HP13. Il responsabile gestione rifiuti, avvisato della consegna, si reca nel deposito per l’etichettatura. I seguenti adesivi: R nera su sfondo giallo, pittogramma specifico, Eer, Frase HP vanno applicati su ogni singolo fusto o sul collo finale e quindi sul film di polietilene esterno che li blocca sul bancale? Per questioni di praticità, si potrebbe applicare solo il pittogramma CLP sui singoli fusti e gli altri restanti sul film?