Interpello ambientale
L’interpello ambientale è uno strumento introdotto dall’articolo 27 del Dl 77/2021, che aggiunge l’articolo 3-septies al Dlgs 152/2006. Si tratta di una consulenza giuridica sulle normative ambientali statali, non classificabile come interpello ordinario o probatorio.
Possono presentare istanze Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Associazioni di categoria rappresentate nel Cnel, Associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque Regioni. Le risposte vengono pubblicate online entro 90 giorni dalla richiesta e forniscono criteri interpretativi per le amministrazioni pubbliche in materia ambientale.
Le indicazioni fornite non sostituiscono gli atti di consenso previsti dalla normativa vigente e non influiscono sulle scadenze o sui termini di prescrizione delle norme ambientali.
Per comprendere il valore, l’efficacia e la spendibilità di una risposta ad interpello, si rinvia all’intervento di P. Fimiani L’interpello ambientale, pubblicato sul numero 303 (3/22) di questa Rivista.
Tutta la normativa è reperibile in “Normativa rifiuti”
Abbruciamento rifiuti in agricoltura e in selvicoltura
Richiedente: Associazione nazionale per la tutela dell’ambiente – Prot. 0213572 del 21 novembre 2024
Risposta MASE: Nota 0014156 del 28 gennaio 2025
Domanda (sintesi)
Si chiede di chiarire la disciplina normativa applicabile alla pratica di abbruciamento dei residui vegetali, ed in particolare “di fornire un autorevole parere affinché venga chiarito se tale pratica agricola, effettuata al di fuori dei periodi vietati (…) mediante processi o metodi millenari, sia da considerarsi lecita, quale ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura”.
Risposta (sintesi)
Il Ministero, esaminato il quadro normativo di riferimento, evade il quesito posto affermando che la pratica descritta nell’interpello è sottratta alla disciplina in materia di gestione di rifiuti solo al ricorrere di tutte le condizioni previste dall’articolo 182, comma VI-bis, Codice ambientale: la tipologia di attività (raggruppamento e abbruciamento), la quantità di materiale (piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro), la tipologia di materiali (materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f) quali sfalci e potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali), il luogo in cui l’attività descritta deve svolgersi (luogo di produzione di tali materiali vegetali) e lo scopo della stessa attività (per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti).
La disposizione qualifica questa attività come normale pratica agricola consentita per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti.
Lo stesso articolo 185, comma 1, lettera f), Dlgs 152/2006 stabilisce l’esclusione dei materiali agricoli o forestali naturali non pericolosi dalla Parte Quarta, Codice ambientale, in caso di impiego in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche in luogo diverso da quello di produzione ovvero con cessione a terzi, attraverso processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.
Resta fermo il divieto di combustione dei residui agricoli e forestali nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi dichiarati dalle Regioni, oltre alla facoltà riconosciuta in capo ai Comuni ed alle amministrazioni competenti in materia di ambiente di sospendere, differire o vietare tale pratica all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni metereologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui dalla stessa attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riguardo al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili.
Nota di commento
La risposta del Ministero pare chiara e lineare: laddove la condotta di raggruppamento e abbruciamento dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), fuoriesca dal perimetro normativo di cui all’articolo 182, comma 6-bis, la giurisprudenza ritiene configurabile l’illecita gestione di rifiuti, con applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 256 (Cass. pen., sez. III, 38658/2017).
Normativa e prassi di riferimento
Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”, articoli 182, comma VI-bis, 185, comma I, lettera f), 256, 256-bis, comma VI.
End of Waste conglomerato bituminoso
Richiedente: Confindustria – Prot. 0121226 del 1° luglio 2024
Risposta MASE: Nota 0019419 del 3 febbraio 2025
Domanda (sintesi)
Chiarimenti interpretativi circa l’applicazione del decreto ministeriale 28 marzo 2018, n. 69 e, nello specifico, circa la legittimità di sommare le quantità relative alle attività di recupero indicate nell’Allegato 4 del Dm 5 febbraio 1998 riguardanti:
• produzione di manufatti e prodotti per l’edilizia, pari 97.870 t/a;
• produzione di conglomerati bituminosi, pari 50.230 t/a;
• utilizzo dei rifiuti per la formazione di rilevati e sottofondi stradali, pari a 85.000 t/a per un complessivo di 233.100 ton/a, considerando che si tratta comunque di prodotti da costruzione disciplinati anche dal Regolamento 305/2011 Ue del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/Cee del Consiglio, che definisce all’articolo 2, punto 3 come “opere di costruzione” anche le opere di ingegneria civile, quali la costruzione di strade, compresi i rilevati e sottofondi stradali.
Risposta (sintesi)
Il Ministero afferma che la quantità massima impiegabile è specificamente individuata per ogni diversa attività di recupero ammessa, come riportato all’Allegato 4, Dm 5 febbraio 1998, stante il disposto di cui all’articolo 7, comma 1, Dm citato (“La quantità massima impiegabile di rifiuti non pericolosi è individuata nell’allegato 4 al presente decreto in relazione alle diverse attività di recupero ammesse a procedura semplificata”). Viene, quindi esclusa la possibilità di sommare le quantità massime di rifiuti indicate all’Allegato 4 per lo svolgimento di una singola attività di recupero. In tal senso, deporrebbe anche l’articolo 6, comma 3, Dm 5 febbraio 1998, per cui “La quantità massima dei rifiuti non pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva presso l’impianto di recupero coincide con la quantità massima recuperabile individuata nell’allegato 4 per l’attività di recupero svolta nell’impianto stesso. In ogni caso, la quantità dei rifiuti contemporaneamente messa in riserva presso ciascun impianto o stabilimento non può eccedere il 70% della quantità di rifiuti individuata all’allegato 4”.
Nota di commento
L’interpello conferma le indicazioni ministeriali nell’ambito della corretta applicazione dei decreti End of waste, affrontando due aspetti: il primo, che i decreti ministeriali indicano (trasversalmente alla norma) i criteri per la definizione dell’End of waste, incidendo sulla disciplina che definisce gli aspetti e le caratteristiche del materiale ottenuto per identificare giuridicamente la cessazione del rifiuto. I decreti ministeriali, inoltre, non contengono indicazioni sui quantitativi, per cui si rinvia alla circolare n. 16293 del 5 ottobre 2018.
Normativa e prassi di riferimento
Dm 5 febbraio 1998 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”;
Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”;
Dm 28 marzo 2018, n. 69 “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”;
Nota prot. 16293 del 5 ottobre 2018 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di Chiarimenti circa l’interpretazione di talune disposizioni di cui al Dm 28 marzo 2018, n. 69.
Import di batterie per uso proprio
Richiedente: Confindustria – Prot. 0188610 del 16 ottobre 2024
Risposta MASE: Nota 0007310 del 16 gennaio 2025
Domanda (sintesi)
Chiarimenti sugli obblighi incombenti in capo all’impresa che importa batterie per esclusivo utilizzo proprio, in particolare:
1) circa la qualifica di utilizzatore finale o di produttore per l’impresa che importa batterie per utilizzo proprio, senza la successiva fornitura a soggetti terzi;
2) sull’obbligo dell’impresa che importa batterie per utilizzo proprio e sull’obbligo di accertamento dell’iscrizione del fornitore estero al Registro nazionale pile e accumulatori;
3) sui nuovi obblighi introdotti dal Regolamento Ue 1542/2023 relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie per l’impresa che importa tali prodotti da Stati extra-Ue per utilizzo proprio.
Risposta (sintesi)
Il Ministero, ripercorso il quadro normativo di riferimento, evade i quesiti svolti e, in particolare, quanto alla prima domanda, rappresenta che l’utilizzo proprio, senza la successiva fornitura a soggetti terzi, di pile o accumulatori importati o messi a disposizione da un fornitore estero, configura l’impresa importatrice come “utilizzatore finale”, ex articolo 3, punto 21), Regolamento Ue 1020/2019 e il fornitore estero come “produttore”.
Quanto al secondo quesito, l’impresa importatrice, in quanto “utilizzatore finale”, non è tenuta all’accertamento del rispetto delle disposizioni del Dlgs 188/2008 da parte del proprio fornitore e, dunque, all’accertamento della sua iscrizione al registro nazionale pile e accumulatori, fermo restando il rispetto di tutti gli adempimenti previsti dal Dlgs citato, a carico del produttore, anche estero, attraverso il proprio rappresentante (si riporta al “Parere Comitato su obblighi di registrazione sul Registro per utilizzatore finale Pile” emanato dal Comitato di Vigilanza e controllo di cui all’articolo 35, Dlgs 49/2014, ove è precisato che, ai sensi dell’articolo 14, commi 1, 2, Dlgs 188/2008, sono onerati ad iscriversi al Registro nazionale dei soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori i soli produttori e non gli utilizzatori finali).
Con riguardo alla terza istanza, l’impresa che importa batterie da Stati extra-Ue per utilizzo proprio è esclusa, in quanto “utilizzatore finale”, dagli obblighi relativi alla messa in servizio e alla messa a disposizione sul mercato previsti al Capo VI del Regolamento Ue 1542/2023 per gli operatori economici.
Nota di commento
L’interpello offre risposte chiare e concise alle domande svolte. I produttori di pile e accumulatori (definiti all’articolo 2, comma I, lettera n) ), Dlgs 188/2008, come coloro che immettono “sul mercato nazionale per la prima volta a titolo professionale pile o accumulatori, compresi quelli incorporati in apparecchi o veicoli, a prescindere dalla tecnica di vendita utilizzata, comprese le tecniche di comunicazione a distanza (…)”, sono tenuti alla gestione dei rifiuti di pile e accumulatori, nonché al relativo finanziamento (articoli 6, 7, Dlgs 188/2008). L’ “immissione sul mercato” rilevante, ex articolo 2 Dlgs cit. è quella che avviene all’interno del territorio unionale effettuata anche attraverso l’importazione da Paesi terzi; il concetto è connesso a quello di produttore, indicato nello stesso Dlgs 188/2008, allorquando le pile e gli accumulatori siano forniti o messi a disposizione in favore di terzi sul territorio nazionale.
Normativa e prassi di riferimento
Dlgs 188/2008, articolo 2;
Regolamento Ue 1542/2023, articolo 3, paragrafo 2), lettera b);
Regolamento Ue 1020/2019, articolo 3, punto 21);
Parere del Comitato di vigilanza e controllo di cui all’articolo 35 del Dlgs 49 del 2014 su obblighi di registrazione sul Registro per utilizzatore finale Pile, relativamente al campo di applicazione del Dlgs 188 del 2008, pubblicato in data 8 gennaio 2025.
Recupero diretto
Richiedente: Regione Veneto – Prot. 634580 del 28 novembre 2023
Risposta MASE: Nota 0016209 del 30 gennaio 2025
Domanda (sintesi)
Chiarimenti interpretativi in merito all’applicazione dell’articolo 216, comma 8-septies, del Dlgs 152/2006, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
1) applicabilità del Dm 5 febbraio 1998 agli impianti industriali che utilizzano rifiuti ai sensi dell’articolo 216, comma 8-septies, del Dlgs 152/2006, per gli aspetti non espressamente disciplinati dal medesimo articolo o dai Bat References;
2) conferma che i rifiuti oggetto di comunicazione sono assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione;
3) applicabilità delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale (Via) di cui al Titolo III della Parte II al Dlgs 152/2006;
4) applicabilità delle garanzie finanziarie, a copertura dell’attività di utilizzo rifiuti, da commisurare ai quantitativi di stoccaggio previsti, agli impianti industriali che ricorrono alla comunicazione di cui all’articolo 216, comma 8-septies;
5) applicabilità della norma di cui all’articolo 26-bis del Dl 113/2018 (Piano di emergenza interno) agli impianti industriali che ricorrono alla comunicazione di cui all’articolo 216, comma 8-septies;
6) Autorità competente alla tenuta del registro delle imprese che effettuano comunicazione di cui articolo 216, comma 8-septies.
Risposta (sintesi)
Quanto al primo quesito, il Ministero ritiene non applicabile il Dm 5 febbraio 1998. Con rinvio alle argomentazioni di un precedente interpello si veda P. Ficco, “Il ‘recupero diretto’ e la procedura ex articolo 216, comma 8‐septies, ‘Codice ambientale’. Il gemello diverso dell’end of waste” in questa Rivista, n. 323 (gennaio 2024 – si veda anche il Dossier sul Recupero dei rifiuti a cura di Paola Ficco et alii in https://www.reteambiente.it/normativa/53654). Agli impianti produttivi (autorizzati in Aia) che utilizzano rifiuti unitamente ad altre materie prime nel loro ciclo produttivo non risulta applicabile la disciplina prevista dall’articolo 184-ter, comma 3, Codice Ambientale, in quanto in tale fattispecie non si è in presenza di un “processo di recupero dei rifiuti”. L’utilizzo dei rifiuti della Lista verde in un impianto industriale autorizzato con Aia, ex articolo 216 cit., è configurabile quale “recupero diretto” degli stessi.
In ordine al secondo quesito, gli operatori devono rispettare le norme sul trasporto dei rifiuti (iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali dei trasportatori e degli automezzi utilizzati per la consegna agli impianti di produzione), la disciplina relativa al formulario identificativo, di cui all’articolo 193 Codice ambientale oltre al RENTRI (Dm 4 aprile 2003, n. 59) e non anche agli adempimenti relativi al Modello Unico di Dichiarazione ambientale MUD, ai registri di carico e scarico, all’obbligo di presentazione di garanzie finanziarie, così anticipando la risposta alla domanda svolta sul punto.
Quanto alla Via, non vi è alcuna deroga circa l’applicabilità delle procedure relative.
Con riguardo alla quinta istanza, per gli impianti a cui si applica l’articolo 26-bis (applicabile agli impianti produttivi manifatturieri autorizzati con Aia, in cui le materie prime possono in tutto o in parte essere sostituite da rifiuti direttamente immessi nel ciclo produttivo ordinario) non trova spazio la disciplina di cui al Dlgs 105/2015.
Con riguardo all’ultimo quesito, l’Autorità competente è individuata nella Provincia territorialmente competente.
In epilogo, è sottolineata l’opportunità della trasmissione della comunicazione 216, comma 8-septies all’Autorità che ha rilasciato il provvedimento di Aia, ai fini della eventuale integrazione dello stesso per gli aspetti legati all’utilizzo dei rifiuti in luogo delle materie prime.
Nota di commento
La disposizione normativa oggetto di interpello (introdotta per opera del Dl 91/2014, convertita con modificazioni dalla legge 116/2014) mira a stimolare un uso più efficiente delle risorse e un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione, stabilisce la possibilità di utilizzare tali rifiuti negli impianti industriali autorizzati con Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) “nel rispetto del relativo Bat References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attività all’Autorità ambientale competente”.
Normativa e prassi di riferimento
Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale” articoli 183, comma 1, lettere t), u), 216, comma 8-septies, nonché Parte II e Parte IV, Titolo I, Capo IV;
Dm 5 febbraio 1998 recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del Dlgs 5 febbraio 1997 n. 22”;
Dl 4 ottobre 2018, n. 113, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”.