Il Sistri compie 5 anni ma l’Italia ha ancora sufficienti intelligenze per difendersi. E domani?
Rifiuti. Una parola, un simbolo, un’evocazione dinanzi alla quale non si rimane mai indifferenti. Anche se non sempre se ne è consapevoli, la gestione dei rifiuti incide sulla vita di tutti. È un po’ come la salute, ci si accorge della sua importanza quando non c’è. Dei rifiuti ci accorgiamo quando vengono gestiti male e avvelenano città, territori e cronache giudiziarie.
Forte del potere evocativo che il termine “rifiuto” suscita (nel bene e nel male), qualcuno ha pensato di fare il “grande slam” per il bene di pochi e il male di molti. In omaggio alla migliore tradizione nazionale.
E così il 14 gennaio 2010 entrava in vigore il Dm 17 dicembre 2009, il primo decreto sul Sistri. Tra proroghe, proteste, modifiche, attese e speranze disattese, tavoli tecnici e convegni sono ormai passati 5 anni senza che questo sistema sia diventato veramente operativo.
Forse accade in Italia perché questo paese ha inventato la Commedia dell’Arte, un genere teatrale caratterizzato dal fatto che gli attori non recitavano testi, ma improvvisavano i dialoghi in scena recitando “a soggetto”. E non era affatto semplice. Occorrevano notevoli doti mimiche, una buona parlantina, una grande fantasia e la capacità di sincronizzarsi perfettamente con gli altri attori in scena.
Maschere, strumenti musicali e costumi, arricchiti di elementi vistosi, venivano usati dagli attori per richiamare l’attenzione dei passanti e ottenere una ricompensa per le scene improvvisate sul momento. Così nascevano Arlecchino e Balanzone; ma non va dimenticata Colombina!
Grandi doti sceniche e di improvvisazione per attrarre attenzione e denaro.
Come non vedere in quella che è famosa nel mondo anche come commedia all’italiana, i tratti salienti non tanto del Sistri, quanto piuttosto della scena grossolana che lo ha circondato, del palco sciatto che lo ha mandato in scena e del disordinato fragore che gli si è creato all’intorno?
Per come sta andando questo paese, il Sistri non ha avuto il successo che immaginava ed è rimasto un’’“anatra zoppa” (nonostante le minacce e le lusinghe con le quali ha amato presentarsi), semplicemente perché intempestivo; infatti, è arrivato troppo presto e ha trovato ancora una classe dirigente che, per quanto sempre più limitata e agonizzante, ha ragionato e ha trovato la forza di attenuarlo e, in alcuni casi, di espungerlo.
Infatti, in Italia ci sono ancora le intelligenze che non riescono a piegarsi ottusamente alle parole guida e al pensiero unico di un determinato momento. Molti, infatti, non hanno prestato il fianco alla facile emozione suscitata dal sistematico mantra fatto di parole come ecomafia, tracciabilità, controllo e pericolo che, in tema di rifiuti, sortiscono sempre un sicuro effetto di panico, attraverso il quale passa tutto (bello o brutto che sia).
Sono stati quelli con la mente allenata a tenere il passo con realtà complesse, a fare la scomposizione sistematica e la valutazione delle situazioni e degli argomenti, quelli con la capacità logica di ragionare partendo dai dati; in una parola solo stati quelli dotati di critica a dire “no” al Sistri.
Però la capacità di critica e di logica stanno diventando merce rara e sono sempre più assenti, perché anche nelle scuole e nelle università ragionare bene non è più un valore e ci si accontenta solo di creare (o di essere) benpensanti, animati da cinismo e scientemente ignari del valore della ragione. I percorsi educativi, sempre più raramente, conoscono il valore del logos, cioè del discorso significante e della logica. Così il degrado del linguaggio e del pensiero accompagna il degrado delle nostre comunità.
Manca ormai pochissimo alla mutazione delle persone, al loro trasformarsi in meri spettatori, capaci solo di pollice verso o di pollice retto. Allora sì, in assenza totale di logica e di critica, l’Italia sarà irragionevolmente e irrimediabilmente sedotta dal Sistri dell’ultima ora. L’importante, infatti, sarà altro: partecipare al narcisismo collettivo amplificandone il dolore. Dove l’ultimo selfie, per l’infinito istante dell’immagine, svelerà il vero e unico desiderio di ciascuno: sembrare quello che si era sempre desiderato essere.