Rifiuti n. 317
giugno 2023
Quesiti

La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.

1613 Impianti mobili: se triturano non fanno riduzione volumetrica e devono essere autorizzati

Attività di produzione: ciclo produttivo con utilizzo materie prime (granuli in plastica) e stampaggio di materie plastiche. Dalla pulizia del cilindro pressa (spurgo) si provvede alla triturazione dello spurgo per riduzione del volume avviene con macinatore progettato e realizzato per macinare prodotti di scarto; l’operazione di macinatura avviene per triturazione (taglio e lacerazione del materiale di scarto in pezzatura di più piccole dimensioni) Il materiale triturato viene messo in uscita con formulario verso l’impianto di recupero/smaltimento con il codice Eer 120105 (Limatura e trucioli di materiali plastici).
Si richiede se l’attività di triturazione con annesso trituratore sopra descritto è assoggettata alla disciplina prevista dalla normativa italiana e concentrata nel comma 15 dell’articolo 208, Dlgs 152/2006 qualificabili come impianti mobili in quanto progettati per essere movimentati ed impiegati in campagne da effettuare nel sito di produzione, oppure poiché trattasi di impianti mobili che effettuano la sola riduzione volumetrica, dei rifiuti sottoposti a mera riduzione volumetrica, e il materiale derivante dalla triturazione e vagliatura del rifiuto non perde in concreto le caratteristiche di rifiuto, possa non rientrare nell’attività di trattamento rifiuti.

a cura di Paola Ficco

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1614 Recupero agevolato: il Dm 5 febbraio 1998 è disposizione derogatoria da interpretare restrittivamente

Impianto da autorizzare in AUA per la tipologia 16.1, lettere D-L per le attività di R13 ed R13-R3 per entrambe le tipologie: le attività di R13 consisteranno nel solo stoccaggio separato per tipologia dei rifiuti in ingresso che saranno poi destinati ad altri impianti per le successive operazioni di R3, mentre le attività di R13-R3 consisteranno nel compostaggio vero e proprio in aree differenziate per le due tipologie.
Da allegato 4 i limiti per la tipologia in oggetto sono: 16.1 d, messa in riserva: 1000 ton; 16.1 l, messa in riserva: 10.000 ton; 16.1 d, produzione di compost: 12.000 ton; 16.1d l, produzione di compost:7.500 ton.
La norma prevede: “per gli impianti che trattano solo le tipologie di cui alle lettere c), h) e l), che tali disposizioni non sono obbligatorie qualora abbiano una capacità annua di trattamento inferiore a 1000 t di rifiuti”.
Il quesito è: come si deve intendere il limite delle 1000 ton/anno relativamente alle disposizioni non obbligatorie sopra citate?
Le differenti visioni sono due:
1. deve essere applicato ai rifiuti complessivamente in ingresso in impianto, a prescindere dalle differenti tipologie;
2. deve essere applicato solo alla parte di rifiuti appartenenti alla tipologia 16.1 L avviati alle operazioni di compostaggio R13-R3 (in quanto il loro compostaggio avviene separatamente da quello effettuato sull’altra tipologia) mentre le attività di sola messa in riserva R13 hanno come limite 12.000 ton/anno (e non 10.000 visto l’articolo 6 comma 6).

a cura di Paola Ficco

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1615 Rifiuti liquidi e acque alimentate allo scarico: la differenza la fa esclusivamente il rapporto funzionale tra fonte di riversamento e corpo recettore

Mi è stato consigliato di depositare i reflui di produzione in una vasca per lasciarli decantare. Il materiale che si deposita sul fondo della vasca viene inviato in discarica. La parte liquida invece, viene data ad uno smaltitore come rifiuto liquido. Però, per poter risparmiare i costi di smaltimento, chiedo se posso scaricare la parte liquida nei vari punti di scarico della mia azienda.

a cura di Paola Ficco

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1616 Tracciabilità: le esenzioni per registri e Mud non valgono per l’Ati ma solo per le imprese che la compongono

La gestione di una centrale a biomassa di proprietà di un Comune è stata affidata a un’Ati (Raggruppamento temporaneo di imprese).
Si precisa che in ingresso non vengono ritirati rifiuti ma esclusivamente scarti inquadrati come “biomasse” accompagnati da regolare Ddt.
L’Ati è costituita da n. 2 imprese, una “capogruppo mandataria” che svolge attività di produzione e distribuzione del calore e del freddo (cod. ateco 35.3) e che ha un numero di dipendenti <10, l’altra impresa “mandante” che ha un numero complessivo di dipendenti >10.
Nell’insediamento vengono prodotti solo rifiuti non pericolosi. Si chiede se le condizioni sopra descritte consentano di usufruire dell’esclusione dall’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e dalla presentazione del Mud nonché l’indicazione dell’eventuale decorrenza dell’esclusione in ragione delle modifiche normative intervenute.

a cura di Paola Ficco

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1617 Classificazione: analisi o schede di sicurezza. Che fare?

Con quale criterio classificare un rifiuto quando non è fattibile un’analisi chimica e ci si basa esclusivamente su schede di sicurezza fornite dal produttore? In particolare, si chiede se fare riferimento alla sezione 2 o alla sezione 3 delle schede di sicurezza. Capita, infatti, che nella sezione 2 il prodotto che contamina il rifiuto sia non pericoloso o comunque con indicazioni di pericolo inferiori rispetto a quelle che emergono dalla sezione 3, nella quale vengono presi in esame tutti i componenti costituenti il prodotto con i relativi rapporti ponderali. Come caso particolare di quanto sopra chiesto si chiede come comportarsi per il codice Cer 150110* qualora il contenitore sia comunque vuoto. In questo caso essendo un imballaggio che ha contenuto sostanze pericolose quale criterio adoperiamo, relativamente alla sezione 2 o 3 della msds? Se applichiamo alla lettera il punto 3.5.1 delle linee guida SNPA, dobbiamo quindi dare nel caso sopra esposto una pericolosità anche per HP14 o HP10 rispettivamente? Una dichiarazione, firmata e timbrata da parte del produttore, che il contenitore o vuoto potrebbe bastare per escludere la pericolosità del rifiuto? Se così fosse, tenuto conto della nostra attività di laboratorio di analisi chimiche, potremmo smaltire come non pericolosi i contenitori vuoti dei nostri solventi? A maggior ragione per solventi volatili, dove fossero lasciati aperti sotto cappa con evaporazione di eventuali gocce residue del solvente stesso?

a cura di Claudio Rispoli

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