Rifiuti n. 285
luglio 2020
Quesiti

La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.

1427 Carogne e carcasse di animali morti, la norma sanitaria “convive” con quella ambientale

Nel corso dell’attività di perlustrazione sul territorio, o a seguito di segnalazione, vengono sovente rinvenute lungo le strade o in luoghi pubblici o aperti al pubblico, carcasse di animali selvatici morti (tassi, volpi, cinghiali, lepri, caprioli, ecc.) o carogne poiché, talvolta, si presentano in stato di decomposizione.
La morte, nella maggior parte dei casi, è dovuta a collisioni stradali notturne con i veicoli circolanti.
Si chiede se: gli animali in parola (in decomposizione o meno) sono da considerare rifiuti o no ai sensi del Dlgs 152/2006 e se la loro rimozione e il trasporto (Cer 18 01 02 o 18 01 03*) deve essere fatta esclusivamente attraverso imprese autorizzate alla raccolta e trasporto dei rifiuti ai sensi del Dlgs 152/2006 (per avviarle al successivo stoccaggio in attesa dello smaltimento); oppure se la rimozione e il trasporto possono essere effettuate anche da imprese autorizzate alla raccolta e trasporto ai sensi del Regolamento CEE 1069/2009 (sottoprodotti di origine animale). Oppure, le due norme concorrono e l’impresa che si occupa della rimozione e trasporto deve essere in possesso di entrambi i tipi di autorizzazioni?
Si chiede, infine, se preliminarmente alla rimozione della carcassa/carogna debba essere sempre allertato il Servizio veterinario della competente Asur per conoscere se vi sia la necessità dell’adozione di eventuali cautele di carattere igienico-sanitario per evitare il diffondersi di epizoozie.

a cura di Paola Ficco

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1428 Deposito temporaneo: il collegamento funzionale riguarda l’attività che produce rifiuti e non l’unica proprietà di due luoghi diversi dove si svolgono attività diverse

Un’azienda effettua attività di stoccaggio e messa in riserva rifiuti speciali nel proprio complesso di Via Cuneo n. 1, secondo il vigente provvedimento autorizzativo. In un capannone limitrofo (al di là di un piazzale pubblico) in via Cuneo n. 4 l’azienda effettua operazioni di magazzino e preparazione contenitori da conferire ai produttori di rifiuti. L’attività non è soggetta ad Aia. L’azienda in questo capannone produce rifiuti di carta e cartone stoccati in un cassone (con volumetria inferiore a 30 mc) e gestiti come rifiuti speciali non pericolosi prodotti dall’attività di magazzino. L’azienda applica quindi quanto previsto da articolo 183, comma 1, lettera bb), Dlgs 152/2006 per il deposito temporaneo: “il raggruppamento dei rifiuti …nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti …”. Pertanto, l’azienda considera tali rifiuti come prodotti da Via Cuneo, 1, il formulario riporta l’unità produttiva in via Cuneo, 1, il registro di carico/scarico è intestato a Via Cuneo, 1. Si chiede se è corretto o se è necessario specificare il civico di Via Cuneo, 4 con formulario, registri ecc. specificatamente dedicati e intestati.

a cura di Paola Ficco

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1429 Microraccolta: tanti formulari per quanto sono le prese (a meno che non si tratti di rottami ferrosi non pericolosi)

Trasporto dei rifiuti, nella fattispecie il trasporto del Cer 200304 da utenze private: fosse imhoff di capienza molto ridotta. È possibile effettuare più carichi da più clienti privati e conferire in un’unica soluzione?

a cura di Paola Ficco

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1430 Miscelazione: deriva un rifiuto nuovo che deve essere smaltito o recuperato

Un’azienda è autorizzata per alcune tipologie di rifiuti solidi e liquidi alla miscelazione in deroga all’articolo 187 del Dlgs 152/2006 (con operazione D13 o R12). Entrano in impianto con operazione D13. Il rifiuto collocato in un cassone viene avviato a smaltimento anche con Cer prevalente. L’impianto finale ritira rifiuti con operazione D10. Si chiede: il rifiuto in uscita dalla miscelazione è plausibile considerarlo come “nuovo” rifiuto (generato appunto dalla miscelazione). Se sì dopo la miscelazione (D13) l’azienda avrebbe la possibilità di conferire il “nuovo rifiuto” a impianto che effettua un deposito preliminare (D15)?

a cura di Paola Ficco

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1431 Terre e rocce: le CSC per le aree agricole, sono anche quelle del Dm 46/2019 per i parametri ivi contemplati

Quindi, si ritiene che laddove nelle terre e rocce da scavo vi sia un superamento dei limiti per i parametri della colonna A, tabella 1, allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativamente ai parametri non ricompresi nel Dm 46/2019, non si potrà procedere con il riutilizzo delle medesime, in quanto non rispondenti ai requisiti di qualità ambientale richiesti dal Dpr 120/2017.

I sottoprodotti costituiti da terre e rocce da scavo (secondo quanto dispone il Dpr 120/2017) possono essere utilizzati per recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo a condizione che non siano superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV, Dlgs 152/2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione purché i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale. Nel caso di utilizzo alloctono di terre e rocce in aree destinate alla produzione agricola, destinate urbanisticamente per tali attività, si applicano i limiti della colonna A della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 o quelli di cui alla tabella riportata nell’allegato 2 al Dm 1º marzo 2016, n. 46?
Qualora si debba fare riferimento alla tabella del Dm 1º marzo 2016, n. 46 e laddove vi sia un superamento dei limiti per i parametri della colonna A della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativamente ai parametri non ricompresi nel Dm summenzionato, si potrà procedere con l’utilizzo delle terre?”

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1432 Imballaggi: se hanno contenuto sostanze pericolose e sono stati lavati, sono rifiuti non pericolosi (da riciclare e non da smaltire)

Un’azienda acquista dei coloranti (pericolosi dalla scheda di sicurezza) in fusti di plastica. Quando il fusto è vuoto, l’azienda procede ad un accurato lavaggio del fusto di plastica al fine di recuperare tutti i residui dei coloranti, eventualmente ancora presenti nei fusti di plastica, per poterli impiegare nel proprio ciclo produttivo e non sprecare niente del prodotto acquistato.
Si chiede, pertanto, a seguito dell’accurato lavaggio del fusto e anche se da scheda di sicurezza i coloranti risultano essere classificati come sostanze pericolose, è corretto attribuire ai fusti vuoti (e puliti) il Cer 150102 (imballaggi di plastica)?

a cura di Claudio Rispoli

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