La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
In caso di microraccolta di rifiuti non pericolosi, dove vengono coinvolti un numero fitto di produttori è necessario indicare tutto il percorso da effettuare fino all’impianto di destinazione?
Se sì, cosa si intende per percorso: comuni, strade, autostrade? Vista la ristrettezza degli spazi della casella preposta del formulario (modello ministeriale) come effettuare un’annotazione così lunga?
Ditta in possesso di autorizzazione al recupero rifiuti ai sensi dell’articolo 216, Dlgs 152/2006, con specifico riferimento ad operazioni di messa in riserva (R13) delle tipologie 3.1, 3.2 e 5.8, Dm 5 febbraio 1998.
Si chiede se tale impresa possa ritirare rifiuti, delle suddette tipologie, da privati (Cer 200140?), che li conferiscono direttamente presso l’impianto con loro mezzi. In caso affermativo si richiede se il privato sia obbligato ad accompagnare il trasporto con formulario (anche se l’articolo 193 comma 1, Dlgs 152/2006 cita solamente il trasporto effettuato da “enti o imprese”). Tali rifiuti sono oggetto di privativa comunale?
Le stesse domande si pongono anche nel caso di una ditta autorizzata ai sensi dell’articolo 208, Dlgs 152/2006, qualora si ravvisassero differenze rispetto al caso precedentemente esposto.
Nel caso in cui un trasporto di rifiuti superi le 48 ore, come va annotato sul registro del trasportatore? È vero che l’art. 193 comma 12 recita “La sosta durante il trasporto dei rifiuti caricati per la spedizione all’interno dei porti e degli scali ferroviari, delle stazioni di partenza, di smistamento e di arrivo, gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’art.183 comma 1 lett. l), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le 48 ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.”, ma potrebbe verificarsi che il trasporto superi le 48 ore in caso di trasporto transfrontaliero, o per cause di forza maggiore, tipo terremoto, interruzioni di strade, …
In tali casi si deve riportare qualche annotazione particolare sul registro al fine di fornire apposita prova per dimostrare la sussistenza del regime di favore? E il trasporto in che data va annotato, nella data di arrivo o di partenza?
In relazione a quanto previsto nella Deliberazione n. 6 del 30 maggio 2017 dell’Albo nazionale Gestori ambientali, si chiede cortese conferma che la seguente lettura sia corretta: i responsabili tecnici già iscritti alla data del 16 ottobre 2017 non devono sostenere l’esame abilitativo per la stessa categoria, stessa classe o classi inferiori, ma devono sostenere solo ed esclusivamente le verifiche di aggiornamento dell’idoneità, e comunque non prima del 2 gennaio 2021.
Una sede produttiva, a seguito di acquisizione da altro gruppo, modificherà la propria ragione sociale e partita Iva; la sede operativa rimarrà ubicata nel medesimo luogo.
Si chiede quali saranno le ricadute sulla tenuta del registro e sul Sistri. Nello specifico:
1. le giacenze di rifiuti presenti nel registro attuale vanno portate a zero (con smaltimenti da effettuarsi prima del cambio di ragione sociale e partita Iva)?
2. il registro della precedente ragione sociale va chiuso e occorre vidimare un nuovo registro intestato alla nuova ragione sociale?
3. l’iscrizione al Sistri dovrà avvenire ex novo, con contestuale chiusura della precedente posizione?
4. il MUD dell’attuale ragione sociale (per l’anno 2017 in corso) va presentato subito dopo il passaggio a nuova ragione sociale oppure si potrà attendere il 30 aprile 2018 (quando l’attuale ragione sociale non sarà più esistente)?
Nel caso in cui anche in caso di codici a specchio, sia possibile risalire alla composizione del rifiuto e alla pericolosità e concentrazione delle sostanze contenute (e quindi alle sue HP) a partire unicamente da schede di sicurezza e analisi del ciclo produttivo, tale classificazione da chi può essere redatta e sottoscritta?
È richiesto dalla normativa un tecnico che abbia maturato esperienza lavorativa in materia rifiuti o necessita l’iscrizione ad Albo o titolo specifico di studio? In particolare la scrivente è laureata in scienze ambientali (per la quale non esiste Albo specifico) con esperienza decennale nel settore.
Sabbia di fonderia con tracce di grafite decadente dalla fusione di ottone. Il produttore del rifiuto chiede il supporto tecnico di un laboratorio per definire lo stato fisico del rifiuto, ma il laboratorio risponde dicendo che questa determinazione è soggettiva. Vorremmo sapere se esistono e quali sono i criteri per definire se un rifiuto è pulverulento o meno?