La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
Con riferimento alla risposta al quesito n. 527, in questa Rivista n. 183(4/11) dal titolo “Analisi: se vanno esibite alla P.a. le può fare solo il Chimico” si chiede di sapere se nella estensione della risposta medesima si è valutato il principio opposto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 21 luglio 1995 n.345.
Gestore di un centro di raccolta comunale. È necessario verificare oltre all’identità del conferitore anche il mezzo da lui utilizzato per conferire?
Spesso utenze domestiche utilizzano mezzi prestati (tipo furgoni aziendali) per conferire propri rifiuti, autodichiarandone comunque la provenienza dall’abitazione.
Come gestore, noi pretendiamo invece l’utilizzo di un mezzo ad uso privato intestato al conferitore per la consegna del rifiuto, pur non dovendo registrare tale targa su alcun documento (l’allegato 1A del Dlgs 8 aprile 2008 e s.m.i. è solo per le utenze non domestiche).
Tale prassi, non diffusa in altri centri di raccolta, ci viene contestata.
Società di gestione che detiene un sito dove si concentrano differenti attività. All’interno del sito effettuiamo la manutenzione di sgrassatori al servizio di ristoranti e mense aziendali, di sollevamenti fognari, di qualche fossa settica, di caditoie stradali e un certo numero di impianti di separazione olio/acqua (disoleatori).
Si chiede di sapere se è possibile affidare la manutenzione periodica e programmata di questi apparati e la gestione amministrativa dei rifiuti speciali prodottisi ad una ditta terza debitamente autorizzata a tale attività.
In particolare, se il manutentore appaltatore dei contratti possa definirsi anche il produttore dei rifiuti speciali generatisi e quindi farsi carico della loro gestione amministrativa (Formulari, registri e Mud).
Si chiede un chiarimento circa il “raggruppamento” dei Raee ritirati dai distributori effettuato nei limiti ed alle condizioni di cui all’articolo 1, Dm 65/2010 presso un luogo diverso dal punto vendita. In particolare, si vorrebbe sapere:
• se sia possibile che il soggetto che effettua il raggruppamento (cioè che gestisce il magazzino dove sono depositati i Raee in attesa del loro trasferimento) sia un soggetto diverso dal distributore che ha effettuato l’iscrizione all’Albo gestori ambientali ai sensi dell’articolo 3 del citato Dm;
• quale soggetto debba firmare, come detentore del rifiuto, il documento di trasporto in uscita dal luogo di raggruppamento dei Raee.
Abbiamo ingenti quantità di potature da verde pubblico e privato. Leggevamo nelle risposte ai quesiti della Rivista di marzo 2011 che si possono considerare non più rifiuti basta che non danneggino l’ambiente. Con che documento si trasportano se non sono rifiuti? Si possono stoccare senza autorizzazione?
Per prassi diffusa nell’impianto di recupero “definitivo” (da R1 a R10) i camion in entrata scaricano su aree dedicate o fosse i rifiuti (in R13) e successivamente il cumulo indistinto che si forma viene via via lavorato (R12 – selezione e cernita) generando mediante appositi trattamenti (R3-R4-R5), Mps e rifiuti di lavorazione. Ultimamente, in nome della “tracciabilità”, accade che tale prassi venga contestata agli impianti finali, affermando che non può essere fatto un unico grande cumulo dei rifiuti in entrata ma si dovrebbero mantenere distinte le varie partite (tanti formulari, tanti cumuli).
Questo non sembra corretto perché il concetto di tracciabilità dovrebbe riguardare il tragitto del rifiuto dal produttore fino al destinatario: una volta entrato nell’impianto finale viene meno l’esigenza della tracciabilità poiché il rifiuto viene lavorato e diventa Mps. Qual è la Vostra opinione al riguardo?
Il comma 3 dell’articolo 12, Dlgs 387/2003 riporta: “… costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico…”.
Il punto 15.1 del Dm 10 settembre 2010 riporta: “L’autorizzazione unica, conforme alla determinazione motivata di conclusione assunta all’esito dei lavori della conferenza di servizi, sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni coinvolte”.
Visto quanto sopra e l’allegato 1 al citato Dm 10 settembre 2010 “Elenco indicativo degli atti di assenso che confluiscono nel procedimento unico”, risulterebbe che l’autorizzazione unica sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione.
Lo stesso Dm al punto 15.5, però, riporta: “… Resta fermo l’obbligo di aggiornamento e di periodico rinnovo cui sono eventualmente assoggettate le autorizzazioni settoriali recepite nell’autorizzazione unica”.
Pertanto, se vale che l’autorizzazione unica sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, non dovrebbe esserci l’obbligo di cui al punto 15.5, anche in funzione di quanto riportato al comma 3 dell’articolo 12, Dlgs 387/2003 che recita “… interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica…”?