La Rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.
In riferimento alle attività industriali indicate nell’allegato I alla parte IIIB bis al Dlgs 152/2006 (Ippc) ed in particolare a quelle indicate al punto 5.1 dello stesso, chiedo se un impianto che effettua attività di stoccaggio rifiuti speciali pericolosi (D15) è soggetto ad ottenere l’autorizzazione integrata ambientale.
Si chiede un chiarimento relativo alla corretta attribuzione dei codici Cer 190304* e 190305.
Ad un rifiuto che è stato classificato pericoloso ad esempio per un elevato contenuto di ossido di zinco o di nichel ma che ha subito un processo di inertizzazione si può attribuire il Cer 190305?
In base a quali approcci (anche analitici) si può definire se un rifiuto è stato solo parzialmente stabilizzato o totalmente stabilizzato?
Infine i due codici sono da intendersi “a specchio”, nella normale e consolidata accezione, oppure hanno un significato diverso?
Se un rifiuto costituito da calcinacci (es. Cer 170107 – miscugli di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 170106) che usualmente è destinato a recupero nel rispetto dell’allegato 3 al Dm 5 febbraio 1998 (in particolare pH inferiore a 12), è probabile che il rifiuto abbia comunque un pH superiore a 11.5: in tal caso come escludere la sua pericolosità come corrosivo/irritante senza arrivare a fare le prove in vitro (che peraltro non sono validate sui rifiuti)?
Nell’ambito dei reati ambientali, qual è il termine di prescrizione del reato? Si applica anche la prescrizione sulle errate o mancati scritture ambientali?